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Seminario progetto “In.Mi.Qu.Oil”, per miglioramento qualità del comparto olivicolo

In occasione di Mediterraria Expo Bio & Excellences si è svolto a Catania  il seminario di divulgazione del progetto In.Mi.Qu.Oil

In occasione di Mediterraria Expo Bio & Excellences si è svolto a Catania  il seminario di divulgazione del progetto In.Mi.Qu.Oil, un innovativo sistema finalizzato al miglioramento della qualità della filiera olivicola nell’ambito del PSR Sicilia 2014-2020 (Sottomisura 16.2 “Sostegno a progetti pilota e allo sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie”).

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Il progetto In.Mi.Qu.Oil mira a dare risposte e soluzioni al comparto olivicolo regionale attraverso la creazione di un modello produttivo tecnologicamente avanzato: dall’utilizzo di tecniche razionali di gestione della chioma per oliveti tradizionali alla difesa fitosanitaria sostenibile, dall’innovazione di processo nella fase di trasformazione del prodotto all’attività di gestione dei dati. Sono davvero molti gli aspetti attenzionati dal progetto che può contare sul supporto scientifico del CREA (Centro di ricerca olivicoltura, frutticoltura e agrumicoltura) e delle aziende coinvolte attraverso un partenariato ossia Frantoi Cutrera srl (capofila di progetto), Società agricola Cutrera Giovanni di Salvatore Cutrera & C.S.S., Azienda agricola Cinque Colli di Giaquinta Sebastiano, Tenuta Iemolo Az. Agricola di Iemolo Thierry, La Via Giovanni, Stella Anna, Società Cooperativa agricola Produttori Olivicoli e Tenuta Cavasecca Società Semplice Agricola.

 

Un progetto legato al territorio

 

Ad illustrare il progetto nel corso del seminario, moderato dal dott. agr. Giuseppe Spina, responsabile di In.Mi.Qu.Oil, è stata la dott.ssa Flora V. Romeo del CREA di Acireale, la quale ha evidenziato il forte legame che unisce il progetto al territorio. La dott.ssa Romeo ha esposto innanzitutto i punti di forza del progetto ossia la presenza di aree vocate, l’elevata composizione varietale, la produzione di qualità, l’elevata potenzialità di differenziazione delle produzioni e la valenza multifunzionale della coltivazione dell’ulivo (ambientale, paesaggistico, storico-culturale e antropologico), per poi sottolinearne gli obiettivi specifici sia in campo che nella produzione. Tra gli obiettivi, ha ricordato la referente del CREA, c’è quello di definire delle tecniche razionali di gestione della chioma per gli oliveti tradizionali, di creare un sistema di difesa fitosanitaria sostenibile attraverso il monitoraggio dello stato fitosanitario delle coltivazioni e, per quanto riguarda la produzione, vi è l’obiettivo importantissimo di attuare delle innovazioni di processo nella fase di trasformazione per un rinnovamento del comparto, al fine di dare ai prodotti la massima qualità e tracciabilità. Un obiettivo, quest’ultimo, raggiungibile attraverso l’ottimizzazione di tecnologie ad ultrasuoni capaci di aumentare la resa. Infine, vi è la realizzazione di un sistema di tracciamento del prodotto dal campo al consumatore grazie allo sviluppo di specifici disciplinari di produzione e tecniche di indagine innovative che consentiranno di ottenere un fingerprinting del prodotto siciliano. «Siamo già a metà del progetto – ha dichiarato la dott.ssa Romeo- e ci aspetta ancora un altro anno circa di lavoro per effettuare una terza campionatura di olive. Abbiamo già un enorme base di dati sia chimici che sensoriali e non da ultimo la piattaforma Agricolus messa a disposizione dallo studio di consulenza Sata che ci permette di avere moltissimi dati su cui lavorare. Stiamo ora cercando di trarre le prime valutazioni sulla base dei dati preliminari e di quelli di quest’anno. L’ultima annata sarà quella di conferma e ci consentirà di capire come procedere per risolvere quelle problematiche che possono insorgere negli oliveti e nei frantoi».

 

Tra gli interventi della mattinata quello del dott. Giuseppe Cicero, Innovation Broker, che si occupa del coordinamento tra le aziende del partenariato e l’ente di ricerca CREA. Il dott. Cicero ha evidenziato come in olivicoltura, negli ultimi anni, sia stato stravolto il concetto di nutrimento della terra. «Ormai non si guarda più alla chioma ma al terreno – ha spiegato – e si cerca di capire che tipo di infestanti ci sono. Si parla sempre più di microbiomi, si lavora con un diverso approccio per il contenimento dei fitofagi puntando ad un uso minore di molecole chimiche e si sta assistendo ad una rivoluzione nel sistema di estrazione con l’uso degli ultrasuoni. In tutto ciò si colloca questo progetto che porterà a risultati davvero importanti».

 

Orientamento della moderna olivicoltura

 

Presenti alcuni ricercatori del CREA di Acireale come il dott. Filippo Ferlito, che in merito all’innovazione colturale ha evidenziato come oggi l’olivo si trovi a dover competere con colture che sono più intensive e allo stesso tempo occorre fare i conti con i cambiamenti climatici. «Dobbiamo capire quelle che sono le esigenze del territorio – ha dichiarato -. Ad esempio, per le aziende che fanno parte del progetto, un sistema super intensivo non sarebbe possibile mentre sarebbe utile un ripopolamento ottimale partendo da una gestione razionale della chioma e del suolo con una predisposizione alla meccanizzazione per un pieno sfruttamento (miglioramento) delle loro potenzialità produttive».

Tra i presenti al seminario anche il dott. Rodolfo Occhipinti dello studio di consulenza Sata, che si sta occupando della gestione dei dati raccolti sulla piattaforma informatica dedicata denominata Agricolus e la dott.ssa Margherita Amenta del CREA di Acireale che si è soffermata sul tema della tracciabilità dei prodotti a marchio mediante un approccio chimico multidisciplinare.

 

Agricoltura di precisione, l’importanza della ricerca

Da ricordare, infine, l’intervento della dott.ssa Veronica Vizzari del CREA di Rende che ha posto l’accento sugli effetti dei cambiamenti climatici. «Li viviamo tutti i giorni: essi influenzano i cicli biologici dei patogeni che popolano gli uliveti – ha spiegato-. La temperatura può influenzare direttamente la degradazione delle molecole chimiche che usiamo in agricoltura. Il comparto olivicolo sconta un ritardo storico nell’aggiornamento tecnologico complessivo. Per far fronte a questa nuova situazione serve un’agricoltura di precisione e da qui si comprende l’importanza della ricerca. Serve sviluppare banche dati e modelli previsionali calibrati su dati affidabili che scaturiscano da protocolli di monitoraggio standardizzati, poco diffusi oggi per le patologie dell’olivo.

 

Occorre puntare su tecniche innovative per la difesa fitosanitaria: utili la lotta biotecnica per il controllo della mosca dell’olivo e la lotta con sostanze repellenti come il caolino, senza dimenticare la lotta chimica con principi attivi registrati per l’olivo (acetamiprid, flupyradifurone e fosmet). Non dimentichiamoci che occorre salvaguardare e valorizzare la biodiversità e migliorare la coltivazione di varietà autoctone».

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