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Impero da 30 milioni di Giuseppe Nicotra in amministrazione giudiziaria

CATANIA – Su richiesta di questa Procura distrettuale, il Tribunale di Catania – Sezione Misure di Prevenzione ha emesso un decreto di amministrazione giudiziaria, per la durata di un anno, per nove società, più avanti meglio specificate, riconducibili a Giuseppe Raffaele NICOTRA, 64 anni, di Aci Catena, attualmente sottoposto agli arresti domiciliari, e ad altri strettissimi congiunti, società operanti nel settore del commercio al dettaglio e all’ingrosso di prodotti alimentari, della gestione ed elaborazione di dati contabili amministrativi e commerciali e della compravendita di immobili.
Il provvedimento in questione è stato notificato dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Catania e mira a bonificare ed impermeabilizzare il complesso delle strutture imprenditoriali facenti capo a vario titolo al NICOTRA, la cui gestione è fortemente sospettata di essere stata orientata al fine di agevolare la famiglia di Cosa Nostra etnea Santapaola – Ercolano, di cui già pregresse attività investigative e le conseguenti vicende giudiziarie avevano certificato la particolare vicinanza del NICOTRA, in particolare al gruppo di Aci Catena.
Come accennato infatti, già l’operazione “Aquilia” eseguita nell’ottobre del 2018 dai Carabinieri del Comando Provinciale di Catania e coordinata dalla Procura della Repubblica di Catania – DDA – conclusasi con la disarticolazione dei gruppi di Acireale e Aci Catena della citata famiglia mafiosa – aveva visto tra i destinatari del provvedimento cautelare anche il NICOTRA Raffaele Giuseppe, i cui contatti qualificati con la consorteria mafiosa risalivano nel tempo e, in particolare, alla primavera del 1993, allorquando il suo comportamento in favore di Sebastiano SCIUTO, inteso “Nuccio coscia” indusse il Prefetto di Catania a decretare la sua rimozione dalla carica di Sindaco del comune di Aci Catena, peraltro poco dopo sciolto per infiltrazioni mafiose con decreto del Presidente della Repubblica.
Nello specifico, a seguito dell’uccisione del cognato dello SCIUTO avvenuta nel corso di un assalto ad una gioielleria di Acireale, il NICOTRA, sindaco pro tempore del Comune di Aci Catena, si era recato presso la Compagnia Carabinieri di Acireale per chiedere a gran voce che venisse revocato il provvedimento questorile di divieto di svolgimento pubblico delle esequie, contravvenendo anche all’obbligo di far rimuovere i necrologi affissi nel territorio comunale, nonché schierandosi di fatto a favore della famiglia del defunto e affiancandosi lungamente durante le esequie al predetto SCIUTO.

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Anche le attività tecniche d’intercettazione, effettuate nel corso dell’indagine “Aquilia”, così come plurime dichiarazioni di collaboratori di giustizia sia appartenenti alla famiglia Santapaola-Ercolano che al clan Laudani (tra cui in primis il già reggente della famiglia Santapaola Santo LA CAUSA , Giuseppe LAUDANI, Gaetano Mario VINCIGUERRA, Sebastiano Alberto SPAMPINATO e Mario SCIACCA), avevano ulteriormente cristallizzato la stretta contiguità del NICOTRA con gli elementi apicali dell’associazione mafiosa, con particolare riferimento anche al reperimento di consensi elettorali a suo favore nel corso delle competizioni all’ARS e che, poi, di fatto, ne hanno determinato l’elezione a deputato regionale, carica da lui rivestita sino al dicembre 2017.
I presupposti, quindi, per l’applicazione della misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria affondano le radici nell’ampia sussistenza di elementi, a cui si sono aggiunti gli esiti dell’indagine economico-finanziaria della Sezione Misure di Prevenzione del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Catania che, approfondendo i beni oggetto della misura di prevenzione, hanno svelato in maniera evidente come il NICOTRA, anche grazie alla sua attività imprenditoriale (iniziata nel 1983 ed incrementatasi sino al raggiungimento dell’attuale consistenza), nel corso degli anni, abbia ampiamente agevolato l’attività di soggetti facenti parte della citata famiglia di Cosa Nostra etnea, attraverso l’instaurazione di un rapporto sinallagmatico per cui il menzionato imprenditore avrebbe:
 sollecitato, direttamente o indirettamente, dal 2005 al 2012, i vertici dei Santapaola a reperire voti per sé o per soggetti da lui individuati, ponendosi quale interlocutore politico di riferimento per la consorteria mafiosa, disponibile ad assecondarne le esigenze;
 pagato stabilmente gli “stipendi” degli affiliati detenuti, collante essenziale per la tenuta del gruppo e necessario al rafforzamento delle capacità operative del sodalizio, contribuendo così al mantenimento in vita dello stesso;
 impiegato, nelle proprie attività commerciali o in quelle da lui influenzabili anche in considerazione del ruolo politico ricoperto, numerosi familiari di appartenenti all’organizzazione mafiosa;
 negoziato assegni provenienti dall’associazione, sostituendo banconote di piccolo taglio con banconote di maggior valore, al fine di consentire alla stessa il più agevole trasporto delle somme di denaro necessarie per l’acquisto di sostanza stupefacente e riciclando così, di fatto, denaro “sporco” attraverso la sua attività imprenditoriale.

Le attività commerciali destinatarie dell’odierno provvedimento, consistono nelle seguenti 9 società, direttamente o indirettamente (poiché intestate a strettissimi congiunti) riconducibili al NICOTRA e che spaziano dal settore della piccola e grande distribuzione di generi alimentari, alla gestione ed elaborazione di dati contabili amministrativi e commerciali, alla compravendita di beni immobili:
1) Ingrosso Alimentari NICOTRA di Giuseppa CHIARENZA & C. s.a.s.;
2) Pavit s.r.l.;
3) Nucleo6 s.r.l.;
4) Nicotra Food s.r.l.;
5) Belfrontizio s.r.l.;
6) Essegi s.r.l.;
7) Nicon s.r.l.;
8) Alimentari Nicotra s.r.l.;
9) Ni.Imm. s.r.l.,
il cui volume complessivo d’affari, ad oggi, ammonta ad oltre 30 milioni euro.
Tra queste, in particolare, la Nicon S.r.l., avente sede ad Aci Sant’Antonio, il cui amministratore unico è il figlio Giuseppe e con rilevante capitale sociale di 100.000 €, ha ad oggetto il commercio all’ingrosso e al dettaglio di prodotti alimentari, nonché la gestione di supermercati, le cui unità negoziali sono ben 11 e dislocate in tutta la provincia di Catania (e precisamente 2 nella città di Catania, 3 nell’acese, 3 nel giarrese, 1 a Linguaglossa, 1 a Gravina di Catania e 1 a San Pietro Clarenza).
L’odierno provvedimento, pertanto, mira a ad arginare la contaminazione delle aziende rimuovendone l’infiltrazione delittuosa, consentendo agli amministratori nominati dal Tribunale di esercitare le funzioni di organo d’amministrazione, sostituendosi così, di fatto, ai vertici delle società che evidentemente rappresentano il canale di infiltrazione degli interessi mafiosi, consentendo altresì il ricorso ad una mappatura completa di tutto il personale impiegato dalle società e ad una verifica del modello organizzativo e gestionale di cui all’art. 6 del D.lgs. 231/2000, tutto al fine di bonificarla dagli interessi criminali rendendola nuovamente autonoma nella gestione.

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