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Depistaggio Borsellino: al via la requisitoria a Caltanissetta, 3 poliziotti alla sbarra

Il pm Luciani, 'Comprendere le ragioni delle condotte degli imputati'

Caltanissetta, 26 apr. – Dopo settanta udienze e la testimonianza di oltre 110 persone è iniziata davanti al Tribunale di Caltanissetta la requisitoria del processo per il cosiddetto depistaggio sulle indagini sulla strage di via D’Amelio. Alla sbarra ci sono tre poliziotti: Mario Bo, oggi assente, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, entrambi presenti. Sono tutti accusati di calunnia aggravata in concorso perché secondo la Procura nissena avrebbero tentato di indurre l’ex pentito Vincenzo Scarantino a dire il falso. Aprendere la parola all’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta il pm Stefano Luciani, che da qualche tempo è pm alla Procura di Roma. “Questo processo, anche in virtù dell’aggravante, ha anche l’obiettivo di comprendere quali siano le ragioni alla base delle condotte che questo processo ha cercato di sviscerare”, dice il magistrato.
“Mi scuso in anticipo con le parti civili di questo processo perché la requisitoria che mi accingo a fare certamente non sarà adeguata a quella che sarebbe dovuta essere la conclusione di un processo di questa portata – dice ancora Luciani – Non sto qui certamente a sottolineare, benché certamente parliamo di imputazioni precise nei confronti di soggetti ben determinati, le implicazioni ulteriori che ha questo processo. Certamente meritava una discussione diversa da parte del pubblico ministero”.

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Luciani ha quindi ricordato quando nel 2008 il pentito Gaspare Spatuzza, che ha fatto scoprire le falsità di Scarantino, “inizia a raccontare una verità che da subito è apparsa dirompente. Ed era una verità che andava a sconvolgere ben due processi che si erano già celebrati per la strage di via D’Amelio e che andava a mettere in discussione condanne all’ergastolo. E’ facile dunque comprendere che tipo di impegno attendeva la procura di Caltanissetta e le altre procure interessate”.

Ha anche ricordato che “Questo processo ci pone in linea di continuità con il processo Borsellino Quater che ci ha rassegnato una verità e cioè che quelle condanne erano state comminate sulla base di prove manipolate che consistevano essenzialmente, ma non solo, in prove dichiarative. Era stata manipolata la collaborazione diSalvatore Candura, quella di Francesca Andriotta e infine quella di Vincenzo Scarantino”.
(Terranova/Adnkronos)

 

 

 

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