“Carlo Alberto dalla Chiesa ebbe, in particolare, l’intuizione di guardare al fenomeno mafioso e alla guerra di mafia secondo un approccio globale e complessivo: egli capì che se la mafia agisce dividendo, la strategia vincente per contrastarla non può che essere quella della coesione. La mafia temeva il prefetto dalla Chiesa, ne temeva il coraggio, l’esperienza e la grande capacità operativa”. Così il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ricordando il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa in cattedrale a Palermo. “Bastarono poche e precise dichiarazioni all’indomani del suo insediamento per prendere atto che il prefetto dalla Chiesa aveva compreso le nuove dinamiche mafiose e i pericolosi intrecci con la cosiddette zona grigia, esattamente quello che aveva consentito alle famiglie mafiose di consolidare la propria forza e di fare un salto di qualità nelle attività illecite”, dice Piantedosi.
“Questo spiega perché la strage di via Carini ha segnato un avanzamento nell’attacco intimidatorio delle cosche allo Stato, colpendo un uomo-simbolo della legalità, che aveva dato prova esemplare di straordinaria passione civile e di lucida determinazione nel contrastare ogni forma di crimine”. E ancora: “È anche a partire dalle sue intuizioni, dai suoi modelli investigativi e operativi che, negli ultimi 40 anni, l’impegno delle Forze dell’ordine, della magistratura, della società civile, assieme a nuovi strumenti investigativi e normativi, ha consentito di raggiungere risultati straordinari contro la criminalità organizzata”.
“Sono trascorsi quarantadue anni dalla barbara uccisione a Palermo del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Simbolo della lotta al terrorismo e alla mafia, come dimenticare il suo impegno negli anni più bui della nostra Repubblica. Un vero servitore dello Stato, il quale riteneva che ‘certe cose non si fanno per coraggio, ma solo per guardare più serenamente negli occhi i propri figli e i figli dei nostri figli’. Un esempio per tutti”. Lo scrive sui social Mariastella Gelmini, senatrice e portavoce di Azione.
“Le pressioni, le rivalse ed i giochi di potere sulla sanità siciliana fanno venire i brividi: a tutto si pensa meno che all’efficienza del sistema ed al diritto alla salute dei cittadini. Alla prossima conferenza dei capigruppo chiederò al presidente dell’Ars Gaetano Galvagno di convocare una seduta d’aula dedicata al tema della sanità”. Così Michele Catanzaro capogruppo del Pd all’Ars.
“Il presidente della Regione Renato Schifani e l’assessore alla Salute Giovanna Volo hanno il dovere di fare chiarezza su un contesto di nomine e di spartizione di poltrone che appare inquietante – aggiunge – così come devono chiarire sulla posizione di alcuni manager. Un tema, quello delle incompatibilità, che avevamo sollevato già in commissioni Affari istituzionali all’Ars, a partire dal direttore generale dell’assessorato alla Salute Salvatore Iacolino”.
“Quarantadue anni fa Cosa nostra trucidò il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa con sua moglie Emanuela Setti Carraro. Sotto il piombo dei kalashnikov corleonesi morì anche l’agente di scorta Domenico Russo. Qualcuno quel giorno triste scrisse ‘qui muore la speranza dei palermitani onesti’. Il 3 settembre 1982 è invece l’inizio del risveglio delle coscienze di tanti, troppi, palermitani e siciliani fino a quel momento distratti e assopiti”. Così il segretario regionale del PD Sicilia, Anthony Barbagallo, nel 42° anniversario dell’omicidio.
“Il lavoro da fare per sconfiggere Cosa nostra è ancora molto – aggiunge – ma, grazie all’impegno di magistrati e forze dell’ordine, l’ala militare della mafia è stata sconfitta. Resta ancora la mentalità mafiosa e la capacità di Cosa nostra di infiltrarsi nei gangli della società civile e la continua penetrazione della pubblica amministrazione. E’ su questo fronte che occorre innalzare il livello di contrasto per recidere le radici della mala pianta mafiosa”.
“3 settembre 1982. Quarantadue anni dopo è ancora vivo il ricordo del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, di sua moglie Emanuela Setti Carraro e del poliziotto di scorta Domenico Russo. Generale dei carabinieri e prefetto di Palermo, Dalla Chiesa è stato un simbolo di coraggio e integrità, impegnandosi senza riserve nella lotta contro la mafia. La sua morte rappresenta uno dei momenti più bui della storia italiana, ma anche un richiamo potente alla necessità di continuare a combattere contro l’illegalità e la corruzione. Un grande abbraccio a Rita Dalla Chiesa”. Lo scrive su X l’europarlamentare di Forza Italia Caterina Chinnici.
“Il 3 settembre 1982 a Palermo venivano uccisi in un barbaro e vile agguato il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo. A quell’atto disumano e codardo sopravvivono l’esempio, il coraggio, la statura del Generale Dalla Chiesa. Un Uomo dello Stato, un innovatore, un simbolo di legalità a cui ispirarsi. Oggi e sempre abbiamo il dovere di ricordare e onorare tutti coloro che si sono sacrificati nella lotta alla criminalità organizzata e nel loro nome portare avanti lo stesso impegno contro ogni mafia”. Lo afferma il sottosegretario alla Difesa, Isabella Rauti.
“Sono trascorsi quarantadue anni dalla barbara uccisione a Palermo del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Simbolo della lotta al terrorismo e alla mafia, come dimenticare il suo impegno negli anni più bui della nostra Repubblica. Un vero servitore dello Stato, il quale riteneva che ‘certe cose non si fanno per coraggio, ma solo per guardare più serenamente negli occhi i propri figli e i figli dei nostri figli’. Un esempio per tutti”. Lo scrive sui social Mariastella Gelmini, senatrice e portavoce di Azione.
“Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa era un uomo con una dedizione totale verso l’Arma dei Carabinieri, con cui aveva contrastato con coraggio e determinazione il terrorismo brigatista. Lo stesso avrebbe fatto a Palermo, da Prefetto, contro la mafia che lo temeva e lo uccise in maniera vile, insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo, il 3 settembre del 1982. Il generale Dalla Chiesa ha dato la sua vita per lo Stato diventandone il simbolo per la lotta al terrorismo e alle mafie. Il suo ricordo rimarrà per sempre un esempio indelebile di rettitudine morale e fedeltà alla Repubblica nella memoria degli italiani”. Così in una nota il presidente dei deputati di Forza Italia, Paolo Barelli.
“Ricorre oggi il 42° anniversario dell’assassinio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente di polizia Domenico Russo, tre autentici simboli di coraggio, abnegazione, amore per la Patria e la giustizia. Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ha dedicato tutta la vita a contrastare, con rigore e dedizione, ogni forma di criminalità. Fu tra i principali e più efficaci protagonisti del contrasto alle Brigate Rosse e al terrorismo degli anni settanta e, con lo stesso spirito, si era messo al servizio dello Stato contro la mafia, come Prefetto di Palermo”. Così su Facebook Ignazio La Russa, presidente del Senato.
“Emanuela Setti Carraro – prosegue – era una donna forte e risoluta, che non ebbe paura di restare al fianco del marito e di sostenerlo nei momenti di maggiore difficoltà. Domenico Russo un agente di polizia che stava adempiendo con coraggio e spirito di sacrificio al proprio incarico. Il loro tragico destino colpì l’intera Nazione e oggi rendiamo onore alla devozione di chi ha anteposto il bene della Patria alla propria vita”.
“Ai loro familiari desidero esprimere la vicinanza, mia personale e del Senato della Repubblica”, conclude La Russa.
“Quaranta due anni fa, la violenza mafiosa uccideva il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, insieme con la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo”. Lo scrive sui social Enrico Borghi, capogruppo di Italia Viva al Senato.
“Ricordiamo questo protagonista delle nostre istituzioni repubblicane, che in anni difficili fu decisivo per la sconfitta del terrorismo prima e per la lotta alla mafia successivamente. La sua esperienza di prefetto di Palermo, anche se per solo quattro mesi, insediatosi subito dopo il delitto contro Pio La Torre, sarà infatti decisiva per l’introduzione nel nostro codice penale del reato di associazione per delinquere di tipo mafioso. Ne ricordiamo la memoria, la figura e l’impegno, per la tutela e la salvaguardia delle istituzioni repubblicane”, conclude.
“La mafia 42 anni fa spezzò tre vite, ma non riuscì a spegnere la luce della loro speranza. Carlo Alberto Dalla Chiesa, che fu ucciso in via Carini a Palermo con sua moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente Domenico Russo, è stato e sarà sempre un simbolo di coraggio e integrità. La sua eredità ci insegna che la legalità è un valore fondamentale ed è e resta l’unica strada per costruire una coscienza collettiva che garantisca all’intera Nazione un futuro libero dalle mafie”. E’ quanto afferma il sottosegretario all’Interno con delega ai Vigili del Fuoco Emanuele Prisco, nell’anniversario della strage di via Carini.
“Il 3 settembre di 42 anni fa la mafia uccideva il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo. L’impegno del generale Dalla Chiesa e la sua professionalità sono ancora oggi un’eredità preziosa per le Forze armate e tutti noi, perché hanno consentito di migliorare metodi e strumenti nella lotta alla criminalità organizzata. Quel giorno a Palermo non abbiamo perso solo un grande servitore dello Stato, ma soprattutto un grande uomo, che come Falcone e Borsellino è rimasto vittima di una solitudine politica e istituzionale che gli è stata fatale. Per questo oggi più che mai ricordiamo questi grandi uomini con riconoscenza e rispetto”. Lo dichiara il ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare Nello Musumeci.
“Quel vile attentato ha lasciato un segno indelebile nella coscienza collettiva del nostro Paese, che ancora oggi lo ricorda con immutata emozione. Nell’onorare la memoria delle tre vittime, il mio commosso pensiero va al Prefetto di Palermo, Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’Agente Scelto della Polizia di Stato Domenico Russo”. Così il Presidente della Camera, Lorenzo Fontana,in un messaggio al Prefetto di Palermo, Massimo Marian, in occasione della commemorazione del 42° anniversario del barbaro eccidio mafioso di via Carini.
“Desidero, inoltre, esprimere la vicinanza mia personale e della Camera dei deputati alle loro famiglie così duramente colpite nei loro affetti più cari. Il Generale Dalla Chiesa, autentico servitore dello Stato, cui ha dedicato e immolato la propria vita, dopo aver dato un contributo fondamentale nella lotta al terrorismo, aveva intrapreso con fermezza e rigore una serrata e coraggiosa attività di contrasto alla criminalità organizzata mafiosa, nella piena consapevolezza dei rischi connessi al suo ruolo. Ma non si lasciò mai intimidire, portando avanti la sua azione volta a riaffermare la presenza delle Istituzioni a tutela della sicurezza di tutti i cittadini”.
“Questa dolorosa ricorrenza rappresenta, dunque, un’occasione preziosa per ribadire, nel solco del valoroso esempio offerto da Carlo Alberto Dalla Chiesa, l’importanza di una solida cultura della legalità e della sensibilità civica. È indispensabile mantenere sempre alto l’impegno contro la mafia, difendendo quei valori di libertà e giustizia per proteggere i quali il Generale sacrificò generosamente la sua stessa vita”.