“Dovessimo prendere sul serio i sondaggi verrebbe da dire che si apprestano quasi tutti a cambiare, o addirittura a capovolgere, il loro mestiere e le loro abitudini. Infatti, il partito, e la leader, che sembrano predestinati alla vittoria vengono dai territori della protesta. Mentre il partito, e il leader, che sembrano avviarsi all’opposizione hanno alle spalle una lunga consuetudine di governo. Così, per gli uni si tratterebbe ora di dismettere i panni della denuncia troppo facile e demagogica per indossare abiti governativi assai più consoni e castigati. E per gli altri, all’opposto, di appendere nell’armadio il doppiopetto ministeriale senza sentirsene troppo denudati.
Sono le logiche dell’alternanza, si dirà. Ma quelle logiche hanno appunto un costo. Esse implicano una trasformazione, che non sempre è così facile; e tantomeno quando non vi si è abituati. Così, viene da chiedersi -sempre che il pronostico venga rispettato- chi arriverà prima a sfilare coi vestiti giusti. Se la destra saprà disfarsi di certi suoi umori non tanto propizi all’arte di governare. E se la sinistra a sua volta saprà spogliarsi di quella sua attitudine a sentire il governo quasi come un destino che le è dovuto.
Ora naturalmente non è affatto detto che le cose debbano per forza andare nella direzione di cui sopra. Non è detto, ma è molto probabile. E dunque farebbero bene tutti ad attrezzarsi fin d’ora in vista del dopo. Gli uni cercando di dotarsi di una plausibile agenda di governo. Gli altri organizzandosi per far fronte a una traversata nei territori dell’opposizione. Tutte cose che richiedono un briciolo di inventiva in più di quella mostrata fin qui.
E’ pur vero che in genere le campagne elettorali non sono mai troppo propizie al ripensamento di se stessi, e tantomeno all’autocritica. Però c’è sicuramente qualcosa che farebbero bene a imparare, tutte e due le parti. E cioè che l’opposizione troppo urlata non è mai il miglior viatico per poi governare; e che l’eredità di governi troppo lunghi e non supportati da grande consenso andrebbe presa con beneficio d’inventario.
Considerazioni su cui stanno rimuginando, gli uni e gli altri, ma senza mostrare una grande inventiva.
A destra infatti l’euforia dei sondaggi ha migliorato gli umori ma non ha migliorato le cose. Dei suoi tre condottieri, la prima insiste sul blocco dei porti e arriva a postare il video di uno stupro, come a dire che la sua attitudine continua ad essere quella di chi troppo concede alla denuncia e alla velleità. Il secondo a sua volta continua a proporre ricette geostrategiche ed economiche che danno quasi l’idea di un Papete ancora in corso. Il terzo infine dice e ridice, dice e disdice. Arrivando a sfiorare l’incidente diplomatico con un presidente della repubblica che pure ha appena contributo lui stesso a rieleggere per i prossimi sette anni.
A sinistra invece le previsioni meno benevole delle ultime settimane hanno indotto a mescolare un tratto di pigra e prudente conservazione con alcune trovate non proprio brillanti. Così, al netto degli “occhi di tigre” esibiti con sprezzo del pericolo a favore di telecamera, e dell’elogio strategico del guanciale per la carbonara, si registrano liste elettorali confezionate più che altro nell’illusione di perpetuare la fortuna della propria esistenza. Fino a candidare notabili fuori corso, parenti stretti e qualche giovane a cui non è stato ancora spiegato che tra la rivoluzione d’ottobre e la democrazia è insorto tempo fa qualche conflitto.
Insomma, sembra che né gli uni né gli altri abbiano rivisitato se stessi alla luce delle previsioni correnti. Il centrodestra continua a ospitare in primissima fila pulsioni polemiche, posture decisioniste, inclinazioni sovraniste, estremismi di vario tipo come se non dovesse affrontare di qui a poco l’onere di mettersi in gioco come progetto di governo. E il centrosinistra a sua volta continua a guardare molte cose dall’alto in basso come se esso, ed esso solo, fosse l’espressione di una razionalità politica e governativa di cui tutti gli altri sarebbero privi.
Ora, come s’è già detto il risultato elettorale magari sarà un altro da quello che tutti si aspettano. Ma se invece i sondaggi dovessero rivelarsi fondati, allora occorrerebbe davvero che le due parti principali si affrettassero per tempo ad aggiornare se stesse”. (di Marco Follini)