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Siap, “Le difficolta di operare dei poliziotti e le regole d’ingaggio”, conferenza dibattito

CATANIA – Si è svolta stamani presso la Sala Riunioni della Questura di Catania, una conferenza dibattito sulle regole d’ingaggio della Polizia, nelle attività operative a difesa dei cittadini e per la sicurezza della collettività. Purtroppo troppo spesso le prime vittime del sistema sicurezza sono proprio le FF.OO. che intervenendo, non hanno una precisa regola di gestione dell’intervento, se quest’ultimo non prevede un dispositivo restrittivo ( arresto o ordine di arresto). Il fenomeno dell’aggressione verso chi veste una divisa, purtroppo non sempre viene punito severamente dal sistema giudiziario attuale e per lo più, assistiamo alla non carcerazione del reo. Ulteriore handicap normativo, insiste sulle attività accertative, per cui se l’operatore trova una persona poco collaborativa, deve elaborare strategie personali di convincimento che spesso sono inutili verso i soggetti particolarmente esagitati da sostanze ingerite.
Il Siap, nell’ambito delle prerogative di tutela dei polizotti e dei cittadini, ha discusso con la Direzione Provinciale catanese le proposte alternative o che aiutino il lavoro dei poliziotti, soprattutto in sicurezza. L’elaborato sarà inviato agli organismi di rappresentaza politica per trovare una sintesi che cambi e dia certezza alle forze dell’ordine nell’espletamento del proprio dovere, contemperando l’intervento di polizia a una più tutela del cittadino in fase di controllo o accetamenti dovuti per esigenze di sicurezza e giustizia.

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Direttivo Provinciale e Assemblea Generale
“Le difficolta di operare dei poliziotti e le regole d’ingaggio”

Chiunque usa violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, mentre compie un atto d’ufficio o di servizio, o a coloro che, richiesti, gli prestano assistenza, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni… Art. 337 CP. In Italia, solo per contrastare una violenza fisica ovvero una resistenza attiva l’operatore di Polizia può utilizzare strumenti dissuasori e/o ammanettare il reo, quindi solo in caso di arresto. Le manette sono strumenti di coercizione fisica, quindi l’uso diverso da quello previsto dalle norme di legge è punito dalla legge penale, quindi il loro uso è consentito solo in cui il soggetto sia stato posto in arresto e che vi siano inoltre, esigenze di sicurezza. Le norme e le disposizioni emesse, per garantire una migliore sicurezza urbana, non hanno precisato quali strumenti devono adottare gli operatori chiamati dai cittadini per interventi o segnalazioni di abusi o violenza su arredi urbani. Spesso gli operatori, sono costretti ad intervenire su soggetti che non rispettano l’autorità del poliziotto e di conseguenza agiscono deridendone gli ordinativi o i richiami all’ordine. In tutti i casi se non si è in presenza di atti di violenza, l’agente non può intervenire coattivamente. In caso di trasporto del soggetto, presso gli uffici di polizia, altresì, egli non può essere contenuto con strumenti coercitivi, che evitino reazioni violente sugli operatori e su cose pubbliche. Anche il personale sanitario, in caso di intervento richiesto dalla Polizia, non può porre fine alle reazioni aggressive del fermato. Il Teaser è uno strumento in dotazione alle FF.OO. e si usa solo in casi eccezionali, per impedire l’aggressione da parte del soggetto fermato o controllato. Ma le reazioni dei soggetti controllati non sono razionali e può accadere che si manifestino dopo essere stati condotti presso i nostri uffici o in conseguenza del fotosegnalamento. Nasce da qui un’esigenza, per salvaguardare la sicurezza degli operatori e delle stesse persone fermate, ovvero quella di poter ammanettare i soggetti e non per veicolare una deriva anti democratica del modus operandi caratteristico dell’attività operativa, ma solo per garantire un serio contenimento di eventuali iniziative distorte, violente o poco consone, nel rispetto della legge italiana e dei diritti civili e politici. Altra questione su cui riflettere è quella relativa alla sicurezza dei lavoratori in uniforme, che non è specificatamente disciplinata dal T.U. 81/2008, ma dovrebbe essere studiata e garantita con provvedimenti ad hoc, come prevede il D.M. 450 del 1999, che introduce un sistema di norme concernenti il miglioramento della salute e della sicurezza dei lavoratori in uniforme. Tale pragmatica applicazione normativa dovrebbe prevedere l’utilizzo della manetta o di altro strumento equipollente, quale “dispositivo di protezione individuale” a tutti gli effetti. Altra questione è la necessità di prevedere una norma di legge penale che punisca l’inosservanza degli ordinativi impartiti dagli agenti per fini di giustizia o di ordine pubblico o in materia di sicurezza urbana. In questo caso il soggetto sospettato di reato, deve essere reso edotto dell’obbligo di sottoporsi agli ordinativi e in caso contrario punibile per violazione di una fattispecie incriminatrice apposita. Quindi è necessario che lo strumento “manetta” o attrezzo equipollente, sia utilizzato non quale oggetto di costrizione fisica, ma come strumento preventivo e utilizzato obbligatoriamente per le procedure di accompagnamento coatto presso gli uffici di Polizia. Ciò permetterebbe all’agente di procedere coattivamente e utilizzare lo strumento adatto per garantire in sicurezza il trasporto del sospettato.

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