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“Lampedusa. Corpi, immagini e narrazioni dell’immigrazione”: la rappresentazione dei migranti nell’epoca postmoderna

«Stiamo parlando del tema dei temi: l’immigrazione», chiosa così Francesco Mannino, presidente di Officine Culturali, durante la presentazione del libro del prof. Guido Nicolosi Lampedusa. Corpi, immagini e narrazioni dell’immigrazione, tenutasi presso il bookshop dell’ex Monastero dei Benedettini, sede del DISUM, lunedì 20 maggio 2019. Guido Nicolosi, professore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi e di Sociologia delle reti e delle tecnologie digitali presso il Dipartimento di Scienze Politiche, nel libro fornisce una mappa concettuale delle narrazioni simboliche e iconografiche intorno al mondo dei migranti, citando gruppi, partiti, media, istituzioni e agenti del dibattito pubblico: «Da una parte c’è il tentativo delle istituzioni di “normalizzare” la narrazione, dall’altra c’è chi tenta di dare una storia diversa, di problematizzare il fenomeno, richiamando ognuno alla propria responsabilità sul tema».
A conversare con l’autore del libro anche il prof. Alessandro De Filippo, docente di Tecnica della rappresentazione audiovisiva al DISUM: «Dal 2011 al 2016 i flussi i migratori sono incrementati a causa della cosiddetta Primavera araba. A partire dal comitato 3 ottobre (il riferimento è relativo a un fatto di cronaca trattato nel libro: il 3 ottobre 2013 un peschereccio lungo circa 20 metri, salpato da Misurata, in Libia, e carico di migranti provenienti da diversi Paesi africani, affonda a circa mezzo miglio dalle spiagge bianche di Lampedusa; l’isola diventa il simbolo di una tragedia umana, ndr), il collettivo lampedusano Askavusa pone l’attenzione sulla successiva operazione “Mare Nostrum” (18 ottobre 2013 – 31 ottobre 2014, lo scopo era quello di salvare i migranti che cercavano di attraversare il Canale di Sicilia, ndr). Il collettivo – afferma il professore – prova a restituire ai lampedusani il senso del conflitto, cercando di superare la semplice dicotomia “restiamo umani/porti chiusi”».

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Nicolosi, nel libro, cerca non tanto di fornire l’ennesima lettura socioeconomica e statistica, quanto di delineare le coordinate del fenomeno migratorio: «La mia intuizione nasce dal fatto che, all’indomani del 3 ottobre, la questione dei migranti sarebbe diventata qualcosa di estremamente “simbolico”. Salvini sta oggi raccogliendo i frutti di un modo di rappresentare i flussi migratori, che i media e i mezzi di comunicazione mainstream hanno adoperato per oltre 30 anni. Vi è, nella pratica, uno scollamento fra rappresentazione e realtà. Molti italiani, ad esempio, ritengono erroneamente che i migranti costituiscano più del 50% della società».
A intervenire nel dibattito anche Eugenia, studentessa di Scienze Politiche, la quale afferma: «Leggendo il libro del prof. Nicolosi mi sono resa conto che i “simboli” fanno la narrazione. Si è risposto all’immigrazione in maniera emergenziale da ogni punto di vista, quando in realtà la risposta dovrebbe essere “adattiva”. Come insegna il prof. De Filippo, ciò che accade “fuori campo”, fuori dalla narrazione mainstream, non viene mostrato, come non sono stati mostrati i corpi dei migranti adagiati sulle coste di Lampedusa. Il migrante è sempre apparso come un nemico». La sottolineatura di De Filippo è tagliente. Gli fa eco Guido Nicolosi: «Dopo il 3 ottobre tutto è cambiato. I cadaveri dei migranti, per la prima volta, sono arrivati a riva, laddove in passato i migranti sopravvissuti ai naufragi non sono stati creduti. Vi è sempre stato un problema di mediazione, nel senso che le storie dei migranti sono credibili solo se raccontate dagli italiani. Cos’è stato quindi “Mare Nostrum”? Forse il tentativo di nascondere ai media la morte dei migranti? Quando viene organizzato il funerale ad Agrigento per i migranti mancano pure i morti. Ma i migranti morti non sono solo immagini, sono qualcosa di concreto da comprendere e problematizzare. Oggi la tragedia viene spesso rimossa dalla rappresentazione mediatica per essere in seguito raccontata tramite metafore, simboli, che non danno onore alla realtà dei fatti. Certo, c’è anche chi dice in modo spregiudicato “lasciamoli colare a picco” e chi ipocritamente “blocchiamo i flussi”, ma il vero problema è che l’Europa non vuole accogliere i migranti. Io sono convinto che l’apertura verso l’altro dipenda dalla sicurezza in sé stessi. Se sei sicuro di te stesso, della tua identità, non vacilli di fronte al confronto con gli altri. L’estremizzazione del fenomeno migratorio è il frutto di paure, angosce e di un certo tipo di rappresentazione».
Conclude, infine, Nicolosi facendo un sunto dei concetti espressi dal collega: «Finché lavoreremo su concetti falsi, come ad esempio quello degli “italiani brava gente”, e ci sarà la volontà chiara di non volerli negoziare non ci sarà mai una vera riflessione sul fenomeno. L’idea che i migranti siano un “peso” è solo un frame di riferimento».

Alberto Molino

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