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Alle Gole dell’Alcantara l’Odissea di Athena e Giovanni Anfuso

Splendido spettacolo tra il sogno e la realtà per la cornice basaltica e notturna, l’Odissea alle Gole dell’Alcantara, con drammatizzazione e regia di Giovanni Anfuso messa “in fiume” fino al 25 agosto nei weekend tre volte a serata, merita di essere visto e gustato per diversi motivi. Ne daremo un taglio psicologico narrando le ragioni profonde di questo rapporto idilliaco tra la Dea e l’Eroe, a cui il regista ha dato veramente uno spazio di tutto rispetto, scagionando in qualche modo la misoginia di Omero nel trattare le “donne” della vicenda. Nausicaa (offerta come dono al naufrago), Circe (strega lussuriosa) e la stessa Penelope che per vent’anni aspetta lo sposo restando “immacolata” nel suo vuoto letto di vedova “bianca”.

© Sicilia Report
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L’idealizzazione scenica della Dea Athena, unico barlume del potere femminile all’interno di una storia maschile di guerre e sopraffazioni, raffigurata come astro splendente che nasce dal fiume, conserva in sé nei modi e nel lucore l’immagine iconoclasta che la religione cristiana probabilmente, adotterà nei secoli a venire, per la Madonna: Atena era una “super dea” figlia di Zeus dea della sapienza, delle arti e della guerra. Difende anche gli eroi e diventerà la Minerva dei romani. Quindi per il cristianesimo sarebbe stata impossibile da eliminare: meglio adottarla come una madonna, tra le varie protettrici dei naviganti come un faro nella notte buia dell’inconscio, che appare nei sogni del “nostro” per indicargli la strada…

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È anche vero che il nostro Odisseo, la strada, l’ha persa più volte! Partendo da Troia per arrivare ad Itaca, facendo, come avremmo detto noi siciliani, “il giro largo”: tant’è che come ogni buon turista del ‘700, sarebbe stato il primo essere umano ad organizzare un Gran Tour del Mediterraneo Orientale, Sicilia compresa. Ricordiamo che imbrogliando il ciclope Polifemo ci ha lasciato in regalo i Faraglioni di Acitrezza.

Noi umani, compreso il povero Odisseo, siamo solo pedine in mano agli dei, poiché la storia della sua traversata, durata vent’anni, era il residuo di una invettiva tra Poseidone, Dio dei mari, terremoti e maremoti e la stessa Athena, in quanto la capitale greca, ancora, non aveva un nome. Proprio per trovare un nome per una capitale che potesse rappresentare i Greci, che non erano un popolo ma tante piccole e sviluppate polis, tra le varie leggende, si racconta che Poseidone offrì in dono il primo cavallo, simbolo di guerra, che gli Ateniesi maschi preferivano, mentre le donne, che erano la maggioranza, scelsero il dono di Atena, il primo ulivo, simbolo di pace. Si può supporre che uno dei motivi per cui la scelta dei cittadini, (si dice in “maggioranza donne” che ancora avevano voce in capitolo), si orientò in questo senso, fu che Poseidone era considerato una divinità molto difficile da compiacere, come dio dei terremoti in quanto aveva causato distruzioni anche nelle città delle quali era patrono. Atena rappresentava quindi un’alternativa migliore. E soprattutto Poseidone era il Dio venerato dai Micenei, popolo annientato dai Greci, la cui patria era Creta.

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Infatti quando Odisseo arrivò ad Itaca, la sua isola personale, ebbro dalla traversata, non ne riconobbe gli amati scogli e propinò al primo giovinetto che vide una sonora “balla” sul fatto che provenisse da Creta dopo essere fuggito da Troia. Al ché la Dea Athena, che era il giovinetto in sembiante, gli disse: “Sarebbe abile e furbo chi ti raggiungesse in tutti gli inganni, perfino se un dio ti incontrasse, astuto, dalla mente creativa, mai privo di frodi, nemmeno ora, che sei giunto nella tua terra patria, hai intenzione di smetterla di dire parole ingannevoli, che ti sono care fin dall’infanzia? Ma via, non diciamo più queste cose, poiché entrambi conosciamo le astuzie, visto che tu, fra tutti i mortali, sei il migliore di gran lunga per intelligenza e parole, e io fra tutti gli dei sono famosa per astuzia ed inganni: nemmeno tu hai riconosciuto Pallade Atena, figlia di Zeus, che sempre in tutte le fatiche ti sono vicina e ho cura di te”.

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Nella versione dell’Inferno, alle Gole dell’Alcantara, sempre a cura del regista Giovanni Anfuso, ritroviamo un vigoroso Odisseo e Diomede nell’VIII Cerchio in quanto aveva ingannato il prossimo, quando era in vita, dispensando suggerimenti ingannevoli e aver sfidato il volere divino scalando le colonne d’Ercole; il compimento di queste due azioni non prevedeva altro che una pena molto dura: sono avvolti da perpetue fiamme come lingue di fuoco, insieme perché hanno ordito l’inganno del cavallo di Troia. E comunque aldilà degli affrancamenti degli dei pagani e punizioni della divinità cristiana, Odisseo, in arte Ulisse, rappresenta il perpetuo fascino dell’eroe esperto nell’arte di arrangiarsi. Cosa ben nota a chi di fatto abita in un’isola situata in un ambiente strategico ed economicamente appetibile: i greci di Odisseo forse furono i primi “turisti” che non andarono più via…

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Susanna Basile
Susanna Basilehttp://www.susannabasile.it
Susanna Basile Assistente di redazione Psicologa e sessuologa
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