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Salvatore La Porta e Villaggio Maori Edizioni: la nascita della casa editrice, il suo percorso e le sue finalità

A colloquio con Salvatore La Porta co-fondatore di Villaggio Maori Edizioni, casa editrice indipendente di Catania nata nel 2003, lui stesso scrittore di saggi e romanzi ha un approccio letterario e filosofico di chi ha padronanza con la scrittura sua naturale e imprescindibile condizione di vita missione e visione, presente, passata e futura.
Chi è Salvatore La Porta?
Sono un editore e scrittore catanese. Come scrittore ho iniziato a sette anni e mezzo. Come editore ho iniziato nel 2003 come associazione culturale con la casa editrice Villaggio Maori che nasce come casa editrice contraria alle edizioni a pagamento, non abbiamo mai contravvenuto al nostro principio fondamentale. Le nostre prime edizioni erano libri fatti a mano con la stampante laser e poi rifilati a mano, erano dei quadernetti. Eravamo in 12. C’è chi si è sganciato perché lo vedeva come un hobby e chi è rimasto perché lo vedeva come un lavoro. Lo abbiamo portato avanti con molta fatica e prima di vedere dei risultati abbiamo aspettato qualche anno. Po abbiamo fondato una società e in seguito l’Accademia delle editorie. Sono passati 17 anni un bel po’ di tempo.

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E come scrittore quali libri hai pubblicato?
Due saggi uno nel 2018 e l’altro nel 2019 per le edizioni Il Saggiatore: “Less is more. Sull’arte di non avere niente” e “Elogio della rabbia. Perché dovremmo incazzarci di più e meglio”, un romanzo “Il giradischi trascendente” e una raccolta di racconti “I racconti di Azina: bicicletta partigiana” per  Villaggio Maori.
Per i due saggi mi piacerebbe farti un’intervista a parte. Soprattutto per l’Elogio della rabbia. È perfettamente in linea con la mia attività di psicologa psicocorporea. Ma avete fondato pure la prestigiosa Accademia delle editorie: siete la prima e ancora unica accademia in tal senso al sud Italia?
Con questo tipo di programma didattico sì: da noi vengono ad insegnare persone che lavorano alla Mondadori, Einaudi, San Paolo, Saggiatore, è un vero e proprio master privato. Certo quest’anno le ultime tre lezioni sono state online, ma si spera che il prossimo anno già tutto torni alla normalità. Anche perché non credo che il paese sopravviverebbe ad una cosa del genere.
Da dove parte l’idea di fondare una casa editrice?
Fondamentalmente io volevo scrivere. E quando ho scoperto che esisteva l’editoria a pagamento mi è sembrata un’aberrazione. Quindi per contrastare questo fenomeno, la fondazione della casa editrice. Sono due i pilastri della casa editrice: è antifascista e contrasta l’editoria a pagamento. La nostra identità culturale è di sinistra, ovviamente non è la sinistra parlamentare che non mi rappresenta. La sinistra è un’ideologia: un insieme di idee che possono essere più o meno rispettate dalle persone e dalle entità che la vogliono interpretare. La sinistra parlamentare, almeno quella odierna, non rappresenta questa ideologia: ma ci sono diverse realtà extraparlamentari che lo fanno e ne pagano le conseguenze.
E quindi la scelta è quella di portare avanti libri che rispecchiano questa ideologia?
Fondamentalmente cerchiamo di portare avanti dei temi che riguardano le minoranze. Le due collane che si occupano di questa prospettiva sono Germinale e La modesta. “La modesta” si occupa di differenze di genere, dal femminismo alla transfobia, all’omofobia e “Germinale” che si occupa di resistenza a tutte quelle realtà che cercano di contrastare le logiche del potere: dalla Palestina, alla Siria, al razzismo, ai migranti. Anche il catalogo è un catalogo antifascista, di sinistra…
Sicuramente pubblicate molti saggi e per quanto riguarda la narrativa?
Pubblichiamo poca narrativa perché è difficile trovarne di qualità: anche la narrativa ha quell’impronta di sinistra…  questo non significa che non pubblicheremmo un autore di “destra”, dipende per cosa si intende per “destra”. Se si tratta di fascismo o di estrema destra gli scrittori sono automaticamente esclusi dal nostro catalogo. È ovvio che un autore che non è di sinistra e scrive un saggio che ci può interessare che non parla di politica, magari, lo prendiamo in considerazione: è ovvio che la patente di antifascismo deve essere chiara.
Che tipo di difficoltà avete trovato nel territorio, come avete trovato i vostri “lettori” e scrittori?
Con grande difficoltà. Quando abbiamo iniziato non avevo nemmeno i soldi per le prime necessità. Piano piano con la pazienza e la fatica abbiamo fatto sapere che c’eravamo; col tempo abbiamo conosciuto degli autori validi, molto validi, penso che questa “pazienza” abbia ripagato la nostra coerenza. La gente ci conosce da questo punto di vista. La cultura è politica: non può essere scissa dalla polis in cui viene elaborata.
Negli anni avete avuto contatti con le università siciliane?
Sì ma poco e niente, più che altro abbiamo collaborato con dei professori universitari due, tre, forse quattro… l’ultimo “Black Mirror Distopia e antropologia digitale” di Davide Bennato professore associato di Sociologia dei processi culturali e comunicativi al Disum di Catania.
Avete libri in uscita?
Al momento abbiamo ripubblicato un testo di Graziella Priulla “Violate” (http://www.villaggiomaori.com/Graziella-Priulla-Violate-p187100587) e poi “Non passa lo straniero” di Dario Accolla. (http://www.villaggiomaori.com/Dario-Accolla-Non-passa-lo-straniero-p158305157).
Come vanno le presentazioni online?
Abbiamo avuti più contatti del previsto per esempio con la Priulla in un’ora e mezza abbiamo avuto la media di 150 spettatori. Non è quella la soluzione. È una modalità che continueremo ad utilizzare anche in tempi normali, perché se la usi bene dà i suoi frutti soprattutto perché raggiunge le persone da qualsiasi parte vengano. La maggior parte dei nostri lettori sono al nord e comunque la gente si è digitalizzata per forza, che poi alla fine diventa un bene, le tecnologie informatiche se conosciute e non subite sono uno strumento incredibile.
Qualche parola sui due saggi per le edizioni Il Saggiatore?
I libri pubblicati per il Saggiatore, “L’arte di non avere niente”, un testo che parla del rapporto con la proprietà, non farsi ingabbiare dalle proprietà non solo economiche ma anche ideologiche, e affettive, e l’altro che è “L’elogio della rabbia”, una cultura della rabbia è fondamentale che se non incanalata come energia attiva, diventa in maniera passiva e subdola, rancore, odio, paura, violenza… la rabbia, quella sana è uno strumento utile, atavico, primitivo che serve per l’evoluzione della nostra civiltà.

E nel frattempo sono ricominciate le presentazioni dal vivo. Vi lasciamo con la prossima presentazione della rassegna Libri al Bastione degli Infetti (ben distanziati) il 15 luglio alle ore 18.30. “Non passa lo straniero” di Dario Accolla. Su come resistere al discorso sovranista. Dialoga con lui Daniele Zito.

“Identità, tradizione, tradimento, nazionalità: il discorso sovranista è incentrato su brevi ed efficaci messaggi che affollano i social media e, in generale, buona parte della comunicazione mediata della nostra contemporaneità. Vocaboli che più frequentemente, negli ultimi anni, rimbalzano da luoghi istituzionali e politici a talk show. Slogan come «Prima gli italiani» entrano nelle nostre case, riuscendo a costruire agilmente una narrazione pericolosa, vicina a istanze xenofobe, omofobe, sessiste e in grado di minacciare la società democratica, politica e civile italiana. Non passa lo straniero analizza il linguaggio adottato all’interno della narrazione sovranista, svelandone trame, inesattezze e trappole argomentative: un lessico carico d’odio, in grado di mistificare la realtà e che non offre soluzioni. Come resistere dunque a questo tentativo di semplificazione di una verità più complessa? Dario Accolla fornisce gli strumenti per arginare la deriva di una narrazione manipolata, nutrita spesso da disinformazione e ingenuità. Tenendo sempre a mente che le parole sono importanti”.

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Susanna Basile
Susanna Basilehttp://www.susannabasile.it
Susanna Basile Assistente di redazione Psicologa e sessuologa
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