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Perché mi innamoro solo degli psicopatici? Il saggio divulgativo di Silvestro Lo Cascio sugli aspetti patologici delle relazioni amorose

Giovedi 8 novembre alle ore 19,30 alla libreria Vicolo Stretto (via S.Filomena, 38, Catania) Silvestro Lo Cascio presenterà il saggio divulgativo Mi innamoro solo degli psicopatici (Aracne editore, 2018).

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Nel suo curriculum leggiamo: psicologo, criminologo, specializzazione sulla clinica psicoanalitica dei nuovi sintomi presso la JONAS di Milano (Prof. Massimo Recalcati). Psicoterapia Breve ad Approccio Strategico, presso l’Istituto per lo Studio delle Psicoterapie di Roma (ISP). Dal 2016, Cultore Della Materia c/o l’Università Kore di Enna, facoltà di scienze dell’Uomo e della Società, in Psicologia Dinamica, prof. Adriano Schimmenti e in Psicologia Clinica, col prof. Giuseppe Craparo, stessa università e facoltà.

E quello che più ci interessa ai fini dell’intervista è che dal 2016 fa parte del gruppo di ricerca scientifica criminologica del progetto denominato “Sex Offenders e Mafia” condotta in collaborazione tra il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, e la Libera Università LUMSA di Roma, presso istituti penitenziari presenti in tutto il territorio nazionale. Responsabile scientifico, Prof. Vincenzo Caretti. La ricerca ha come obiettivo: la valutazione del rischio di recidiva in ambito giuridico, psichiatrico, forense e penitenziario, perfezionare il sistema di enucleazione dei fattori di rischio, migliorare le competenze istituzionali nel campo dei sex offenders, e valutare la validità predittiva di uno strumento diagnostico e trattamentale.

La traduzione per i non addetti ai lavori potrebbe essere in maniera potabile paragonabile ad una ricerca sul campo (quindi sui Sex Offenders) attraverso domande e risposte riesaminate con test specifici che valutano la percezione che gli stessi Sex Offenders hanno nei confronti di sé stessi e nei confronti degli altri. Nella maniera più oggettiva possibile: eliminando pregiudizi, stereotipi e comportamenti conseguenziali. Quanto la società di appartenenza e di conseguenza il gruppo, la famiglia, la coppia abbiano potuto incidere. Incidenza e influenza sui loro atteggiamenti, credenze e valori nel rapporto di trasmissione generazionale. E le vittime dei Sex Offenders.

Susanna Basile: Da dove nasce l’idea del libro dal titolo così inquietante ma così accattivante?

Silvestro Lo Cascio: Tutto è iniziato dal mio interesse nei confronti della criminologia, della psicanalisi e della ricerca scientifica Sex Offenders e Mafia, di cui hai parlato sopra.

SB: Quindi si tratta di esperienze reali che descrivi, cioè di casi clinici che ti sono per così dire “arrivati”?

SL: Credo di aver avuto un’illuminazione, un insight in psicologia si chiama così: intervistare i sex offenders e occuparsi dei loro problemi, ti fa luce sull’altra faccia della medaglia e cioè le donne, (che sono principalmente femminili le vittime dei sex offenders), le Donne che sono state “offese” dal comportamento  degli “offenditori”, ma che a volte, nonostante le violenze e i femminicidi, ripercorrono gli stessi fatali errori, nell’incontrare nuovamente uomini con le stesse caratteristiche.

SB: Senza andare troppo lontano capita a volte anche alle mie pazienti o a qualche amica conosciuta in passato di rifare sempre gli “stessi errori” da cosa dipende?

SL: Non è una domanda a cui si possa rispondere in maniera certa: in generale si tratta spesso delle esperienze vissute in famiglia che portano la “vittima” alla ricerca del proprio “amore” tra stolker, psicotici e psicopatici, quasi per voler colmare il proprio “vuoto” affettivo. Ma non è così semplice. Definire con un metaforico “colpo di accetta” su chi è la vittima e su chi è il carnefice diventa solo una semplificazione che può essere utile ai canali mediatici per fare notizia. Se vogliamo usare un termine psicologico la realtà della folie à deux, la follia a due, citata come una forma palliativa del disturbo psicotico condiviso, è sempre molto complessa.

SB: Mi innamoro solo degli psicopatici ha un indice di argomenti impegnativi che vorrei discutere con te, partiamo da chi “agisce” la psicopatia: Chi sono gli psicopatici? Psicopatici si nasce o si diventa? Esperienze traumatiche infantili. Attaccamento e psicopatia…

SL: Ti rispondo con una definizione dello psicopatico (inteso come essere umano senza connotazioni di genere) che apre il libro. L’autore è il prof. Robert D. Hare, una leggenda nel campo della psicologia criminologica, nonché padre del concetto di Psicopatia riconosciuto a livello internazionale.

“Ti sceglierà, ti disarmerà con le sue parole e ti controllerà con la sua presenza. Ti delizierà con la sua intelligenza e i suoi progetti. Ti farà stare bene, ma dovrai sempre pagare il conto. Ti sorriderà e ti ingannerà e ti spaventerà con i suoi occhi. E quando avrà finito con te, ti abbandonerà e porterà con sé la tua innocenza e il tuo orgoglio. Ti ritroverai più triste, ma non più saggio, e ti chiederai a lungo cosa è accaduto e dove hai sbagliato. E se un altro come lui busserà alla tua porta, gli aprirai?”

SB: Per la spiegazione di questa “malìa” invitiamo i lettori a cercare una spiegazione tra le tue pagine. Gli psicopatici fondamentalmente disprezzano le donne? Riporto una dichiarazione di un “intervistato”: “Basta che sai parlare e ci sai fare non è difficile, oggi ci sono tante donne, te ne puoi portare quante ne vuoi, da ragazzo andavo a prostitute ma ora non ce n’è di bisogno… e poi le donne che raccontano bugie sono prostitute… la donna va dove sta il lusso, non va dalla miseria”.

SL: È chiaro che l’atteggiamento che gli psicopatici hanno nei confronti della donna, potrebbe essere agito per aver subito nell’infanzia uno stile di parenting disfunzionale e inadeguato e/o esperienze traumatiche. “L’incapacità degli psicopatici di intrattenere relazioni sentimentali stabili e durature potrebbe risiedere nella coazione a ripetere relazioni oggettuali interiorizzate durante l’infanzia, caratterizzate da oggetti scissi cattivi, terrificanti, da distruggere e controllare”.

SB: Allora basterebbe agire sulle esperienze traumatiche degli psicopatici per poterli “aiutare” a diventare “empatici” visto che è una delle qualità di cui sono mancanti.  La mancanza di empatia, cioè di immedesimarsi nell’Altro da Sé li porta a volte verso una forma di “narcisismo maligno” nel tentativo di curare questa indelebile ferita. La ferita sempre aperta che li porta ad avere un Sé falso, ipertrofico e prepotente?

SL: Magari fosse così facile! Ma spesso chi ha ricevuto violenze traumi di qualsiasi natura li ha rimossi, quindi non ricorda nulla di quello che ha subito: anzi spesso la violenza è l’unico tipo di attaccamento che ha sviluppato, imputando spesso erroneamente questo interesse, da parte dei genitori o comunque del caregiver, che si è preso cura di lui, ad una “sorta d’amore”. Anche le neuroscienze hanno dimostrato la formazione dei meccanismi profondi di questo fenomeno attraverso le tecniche di diagnostica per immagini applicate al cervello e agli strumenti di biologia molecolare. Quindi si potrebbe dire che psicopatici si diventa…ma è talmente ineffabile il confine di maturazione, tra l’armonia e l’equilibrio psicofisiologico emozionale e l’età anagrafica… Confine da cui dipende e prende inizio e sedimenta questa “sofferenza” …

SB: Già poi con la scoperta dei “neuroni a specchio” teoricamente: una madre “vittima”, incinta di un padre psicopatico, potrebbe generare un bambino “psicopatico”? Dove iniziano e finiscono questi confini diciamo spazio/temporali?

SL: Sono ricerche ancora in corso che se fatte in maniera frettolosa ed etichettabile potrebbero dare esiti simili alla “caccia delle streghe” in era moderna.

SB: Parliamo allora delle donne anzi delle “prede”: le personalità masochistiche. Il masochista ha bisogno dell’Altro probabilmente perché ha un senso dell’Empatia troppo sviluppato, dove potersi immedesimare e rigettare la sua “spazzatura” inconscia. Riporti una definizione di Andrè Green: “Nel masochismo si tratta di venire battuti, umiliati, sporcati, ridotti alla passività, ma è una passività che esige la presenza dell’Altro … il masochista conserva, attraverso la negativizzazione del piacere e la ricerca del dispiacere, un ricco legame con l’oggetto”. La persona masochista mette in atto comportamenti in modo poco riflessivo, senza riflettere sulle possibili conseguenze negative, ovvero una definizione fluida di acting out che si trasformano in meccanismi di difesa, affinché si realizzi la dinamica della relazione tra vittima e aggressore. Questa esagerata premessa per chiederti quali sono i meccanismi di difesa più utilizzati in questa dinamica perversa ma sincronica, complementare e correlata di coppia?

SL: La provocazione, la tranquillizzazione, l’esibizionismo e lo spostamento della colpa. Descrivo solo il primo perché spesso, senza ragioni apparentemente consce si creano tragedie altrimenti evitabili, o quanto meno per consapevolizzare le conseguenze degli acting out messi in scena anche dalle personalità masochistiche, spesso, ma non sempre, incarnate dalle donne. L’esempio tipico può essere quando in alcune relazioni, la donna, notando che magari da un po’ di tempo il rapporto con il compagno stia procedendo bene, inizia a convincersi e a temere che prima o poi questo potrebbe mettere in atto qualche tentativo per porre fine al rapporto. Allora, inconsciamente lei inizierà a comportarsi in modo da provocare reazioni violente nel compagno, tale meccanismo le permetterebbe così di scegliere il tempo e il luogo della propria sofferenza.

SB: Sono perfettamente d’accordo con te: la dinamica del sadico predatore e della vittima masochista, è il prodotto di una società che manca di basi educative nell’ambito affettivo, sessuale e spirituale. Dici bene questo non è un libro di risposte ma un libro di domande. E descrivendo le tipiche frasi dell’amore psicopatico: «me li cerco tutti io», «se non sono problematici non mi ci metto», «se non hanno nessuna patologia non mi attirano», «mi piace soffrire nelle relazioni», «mi innamoro solo degli psicopatici». Si pone allora ai lettori la seguente domanda: perché siamo attratti dal male e ci seduce ciò che fa più paura?

SL:  Finisco con le domande con cui i lettori si potrebbero trovare in sintonia per cercare delle utili spiegazioni nelle mie supposizioni. Basate naturalmente su una solida bibliografia scientifica.

  • Ma cosa spinge verso questo oggetto amato?
  • Perché proprio quello e non un altro?
  • Perché devo innamorarmi di chi magari mi rifiuta o preferisce un altro?
  • Perché devo mettermi in storie impossibili, che non portano a nulla?
  • Perché quindi soffrire e angosciarsi per non riuscire a entrare nel desiderio dell’Altro?
  • Esiste l’amore sganciato dalla sofferenza e dall’odio?
  • Esiste un amore reciproco?
  • O in qualsiasi coppia ci deve sempre essere un amato che riceve e un amante che deve dare?
  • Oppure devono sempre esserci un carnefice e una vittima, un sadico e un masochista.

Sono domande alle quali non si può rispondere con delle formule o con dei codici biologici. Ci sono diversi metodi e tecniche di aiuto nell’ambito psicologico a seconda di ciò che si intende ricercare, il tema è sempre quello: aspetti patologici delle relazioni amorose.

E alla fine del libro troverete i film che riguardano le dinamiche in questione. Dal film L’ultimo Metrò. “L’amore fa male, forse? Sì, l’amore fa male. Come un grande avvoltoio plana sopra di noi, si immobilizza e ci minaccia. Ma la minaccia può essere anche promessa di gioia”.

 

Non ci resta che andare alla presentazione del suo libro, almeno per quanto riguarda la sottoscritta, perché ancora ho delle domande da fargli. (ci devo chiedere delle donne dei film).

E chissà quando finirò…povero Silvestro: è possibile che anch’io sia una masochista e che a causa della lettura del libro mi stia evolvendo in una psicopatica?

Lo scopriremo giovedi 8 novembre alle ore 19,30 alla libreria Vicolo Stretto in via S.Filomena n. 38 a Catania.

 

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Susanna Basile
Susanna Basilehttp://www.susannabasile.it
Susanna Basile Assistente di redazione Psicologa e sessuologa
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