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L’attore Danilo Arena: un interessante miscuglio di tradizione e liberalismo

Giornalmente vivo due visioni sulla mia vita, sul mio futuro, sulla mia carriera...

I nati il 18 maggio sono un interessante miscuglio di tradizione e liberalismo. Potrebbero essere descritti come sovvertitori con una tendenza rivoluzionaria ma il loro primo impulso non è tanto di capovolgere la società quanto di migliorarla. Molti di loro contestano le ingiustizie e le iniquità ovunque le trovino. Ma che si occupino o meno di politica trattano il loro lavoro, o l’arte in maniera estremamente professionale preferendo di solito un approccio pulito, classico a uno romantico ed emotivo. Ma poi non è così perché Danilo Arena possiede tutto: sia la professionalità che il romanticismo, sia ragione che sentimento, tra cinema, teatro, tv, cortometraggi, spot, premi e riconoscimenti, non si è fatto mancare nulla ed è ancora giovanissimo. Siamo molto contenti di intervistarlo sul suo modo di essere, per ora, per ritrovarci poi sul dettaglio dei suoi lavori.

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Redazione Sicilia report: Quando e come ha cominciato la sua carriera?
Danilo Arena: Non saprei dare una precisa risposta a questa domanda. Molto spesso si considera “inizio carriera” quando la passione e l’amore per il proprio mestiere diventano “lavoro”. A me piace pensarla diversamente. Amo pensare il mio “inizio carriera” da non consapevole: non consapevole dell’istinto di ricreare, di imitare, di riprodurre e di vivere una personalità non mia. Mi ha sempre fatto stare meglio.

R.: Quali sono le differenze tra chi recita e chi “sente” il personaggio?
D.A.: Chi recita, di sicuro, ripete e ricrea un avvenimento di vita realmente esistito o inventato dall’autore. Tuttavia chi recita e basta, pensa “come se fosse” il personaggio. Ancor più di “sentire”, ho sempre trovato e provato differenza nell'”essere” il personaggio.

R.: Ha una visione sul suo futuro?
D.A.: Giornalmente vivo due visioni sulla mia vita, sul mio futuro, sulla mia carriera. Potrei raffigurarle perfettamente: le vivo, le affronto nella mia quotidianità. Sono due colori: il Bianco e il Nero. Il Bianco rappresenta la parte sognante di me, che porta alla luce tutti i sogni e le missioni che la mia indole percorre. Il Nero, invece, è quella parte che mi butta giù, che mi fa perdere, che mi sconfigge poco alla volta, ma con molta crudeltà. Ho bisogno di Luce, del Bianco, ma credimi, ho un dannato bisogno anche di quel Nero. Questi colori si scontrano e fanno vivere in me la mia stessa vita. Ho sempre avuto il bisogno di cadere, di perdere prima di vincere.

R.: Quale risulta oggi la mission di un attore?
D.A.: Il mio attorato esegue un comandamento molto chiaro e specifico: non essere me stesso, non essere addirittura nessuno, ma il personaggio da interpretare con tutti i suoi usi e costumi, e causare al pubblico emozioni differenti per differenti personaggi portati in scena.

R.: Quali progetti legati al suo ruolo ha amato di più?
D.A.: Non ho amato progetti più di altri. Non amo spesso i progetti, gli do importanza, è molto diverso. Non li amo per non schierarmi, perché amandone uno potrei detestarne un altro, e questo lussuoso rischio condizionerebbe le mie interpretazioni. Amo il cinema e le vere espressioni d’arte. Lavoro così.

R.: Prossimi lavori?
D.A.: Tra le cose che posso dire oggi, girerò un cortometraggio in Umbria per la regia di Lorenzo Lessi Tobia.

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