È una sorta di grande affresco di quel crocevia di vicende umane, storiche e letterarie, talvolta poco note, che l’Egitto ha rappresentato per molti italiani fra Otto e Novecento, quello che le pagine di questo volume di Dora Marchese propongono al lettore. Da un punto d’osservazione inconsueto, Nella terra di Iside sviluppa una narrazione avvincente che attraversa due secoli, a partire dalla spedizione napoleonica in Egitto, passando poi dalla realizzazione del Canale di Suez, dall’Aida commissionata a Giuseppe Verdi dal governo egiziano, dalle Battaglie di Dogali e Adua, per giungere al periodo delle politiche giolittiane e fasciste.
Fino alla storia di Radio Cairo dai cui microfoni il Premio Strega Fausta Cialente, i cui romanzi spesso abitano il mondo levantino, informava gli italiani di Alessandria, del Cairo, di Porto Said «dell’abiezione del regime, dei delitti e della militanza antifascista» durante la seconda guerra mondiale.
All’epoca proprio Il Cairo e Alessandria diventano un luogo d’incontro per gli italiani di ogni ceto e provenienza: viaggiatori, esuli, emigrati, avventurieri, scienziati, portatori di ideali risorgimentali. O magari dissidenti, come chi si raduna intorno alla “Baracca rossa” di Enrico Pea, rifugio «per gli anarchici e gli esuli di tutto il mondo», luogo singolare, «promiscuo di sesso e di razza: convegno di lingue babeliche», dove lo scrittore toscano – ne parla nel suo capolavoro Vita in Egitto – stringe amicizia con un giovanissimo Ungaretti e Rafanelli incontra l’uomo che le avrebbe cambiato la vita.
Esperienze straordinarie raccontate in poesie, romanzi, testi teatrali, nonché in diari e accurati resoconti, da scrittori celebri, quali Gabriele D’annunzio, Filippo Tommaso Marinetti, Giuseppe Ungaretti, e da altri ormai dimenticati come Giuseppe Regaldi e Leda Rafanelli. Eppure, Dora Marchese Nella terra di Iside ci rammenta come L’Egitto antico e moderno dello stesso Regaldi, opera di una vita, valse al poeta piemontese, viaggiatore e patriota, il conferimento di cattedre universitarie e l’apprezzamento di Giosuè Carducci che in suo onore compose l’ode barbara Alessandria. Mentre Le figlie dei faraoni di Emilio Salgari seducono l’Italia, donando al pubblico, oltre alla consueta dose di avventura, un Egitto “sincretico”, abilmente creato a tavolino, «universale ed eterno, fissato nello stereotipo collettivo dell’epoca ma che risulta anche conseguenza della conoscenza di testi antichi, rilievi, scavi, indagini storiche e archeologiche ben documentate».
Ma l’autrice offre anche uno sguardo sull’Egitto per alcuni versi inedito: quello delle donne, viaggiatrici, single o al seguito dei mariti, benestanti o umili lavoratrici. Riproponendo resoconti e riflessioni da cui esse riescono a far emergere, con originalità e capacita di osservazione, gli aspetti più intimi e quotidiani dell’ambiente e della variegata umanità con cui vengono in contatto. Accanto alle Memorie sull’Egitto di Amalia Nizzoli, prima donna a dirigere un importante scavo archeologico e prima a descrivere agli occidentali la realtà degli harem e dei costumi femminili, si affiancano quelle di turiste ed esploratrici come Elena di Savoia, Sarah Belzoni, la baronessa von Minutoli. In questo stesso periodo storico lo studioso siciliano Emanuele Ciaceri scopre che il culto di Sant’Agata, patrona di Catania – ricordato da Giovanni Verga nella novella La coda del diavolo – è modellato su quello di Iside, ed in cui un viaggiatore etneo, Natale Condorelli, nel suo Oriente, immagina l’Egitto come il naturale contraltare culturale ed economico della Sicilia.
Dora Marchese, con la sapienza d’una filologa e con la padronanza di una narratrice, ricostruisce i rapporti tra Egitto e Italia attingendo ai testi di scrittori noti o ingiustamente obliati, ricostruendo, al contempo, un quadro storico, economico, politico e culturale che non è il semplice sfondo delle vicende narrate ma l’indispensabile e illuminante milieu.
Un libro nuovo e avvincente, che invita alla lettura (o alla rilettura) dei grandi della nostra letteratura, che getta uno sguardo “altro” sull’Egitto e che – come ha detto l’accademico Lorenzo Braccesi – colma la lacuna creatasi intorno alla percezione dell’Egitto in età moderna e contemporanea.