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Liberiamoci della brava bambina con Andrea Colamedici e Maura Gancitano

Andrea Colamedici e Maura Gancitano filosofi e scrittori, sono gli ideatori del progetto Tlon (Scuola di Filosofia, Casa Editrice e Libreria Teatro), attraverso cui portano avanti un’attività quotidiana di riflessione sulle dinamiche sociali e sulla fioritura personale. Tlon è anche una scuola permanente di filosofia e immaginazione che organizza corsi e seminari in Italia e all’estero.

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Insieme hanno scritto Tu non sei dio (2016), Lezioni di Meraviglia (2017), La società della performance (2018), e Liberati della brava bambina (HarperCollins 2019).

Li abbiamo conosciuti durante la presentazione del loro ultimo libro.

 

Dal risvolto della copertina:

“Cosa significa essere donna? Non alzare la voce, non ribellarsi. Obbedire al padre, al marito, alla società. Significa calma e sottomissione. Dover essere una brava bambina, poi una brava moglie e una brava madre. Eppure per qualche donna tutto questo non basta. Attraverso otto storie che spaziano dal mito alla contemporaneità, gli autori raccontano l’altra faccia della luna: e cioè come fin dagli albori dell’umanità, in saghe, leggende ed epopee letterarie, i modelli di donne forti, sono sempre stati ridotti al silenzio. Ma dal nuovo racconto delle storie di Era, Medea, Daenerys, Morgana e le altre, se ci si pongono le domande giuste, possono risultare modi diversi di vivere sé stesse e la propria femminilità, di leggere i meccanismi che circondano e intrappolano. Con la guida della filosofia, che ci aiuta a domandarci il significato delle cose e ci indica un comportamento nel mondo, questi ritratti femminili insegnano come trasformare le gabbie in chiavi e volgere le difficoltà in opportunità. Solo così ci si potrà finalmente permettere di esistere, e non aver paura di fiorire. Fare filosofia aiuta a piazzare punti interrogativi alla fine delle parole, come fossero esplosivi. Non più “donna”, ma “donna?”, non più “si fa così”, ma “si fa così?” non più “è sempre stato così”, ma “è sempre stato così?”.

Ma sentiamo direttamente gli autori:

Andrea: Liberati dalla brava bambina è un libro per le donne o per gli uomini? Davanti agli editori che ti devono pubblicare servono tre parole al massimo per presentarti e noi abbiamo detto: è il libro che tuo marito dovrebbe leggere. Le parole erano otto ma ce l’hanno pubblicato lo stesso!

 

Maura: L’invito finale del libro è quello di raccontare la propria storia. Finché non la raccontiamo, anche soltanto per noi stessi, finché ci vergogniamo di narrarci quello che abbiamo vissuto e scelto autenticamente, anche se non la pubblichiamo, non riusciremo mai a trovare una soluzione e a capire quello che succederà in futuro. Abbiamo scelto storie della mitologia ma anche storie recenti. Dopo il libro su Malefica era necessario scrivere un altro libro su figure femminili. Ho letto le Nebbie di Avalon, un libro cult degli anni’80, la rinarrazione delle donne del ciclo arturiano dal punto di vista femminile, dove le donne, non sono streghe malefiche o mogli di qualcuno, non sono “deboli creaturine” che hanno bisogno sempre di un uomo che le “salvi”, ma sono portatrici di qualcosa di sacro, magico e misterioso. Tra donne, noi lo sappiamo, che nella storia, ad un certo punto c’è qualcosa che non è stato più raccontato. Anche la parte distruttiva e bestiale delle donne, per questo Maleficent ha avuto successo, racconta non di una donna angelicata, ma di una figura con le ali, le unghie lunghe, le corna, anche Lei, ti ricorda qualcosa di te. Ad esempio Morgana, per cui parteggiavo troppo, e mi dicevo, ma c’ha ragione lei, intorno a sé trova Artù e Merlino che non capiscono cosa sta succedendo…  si stava perdendo il culto della Dea. La parte irrisolta di Morgana, come del resto l’abbiamo trovata anche nelle altre donne, è lottare per il bene, per quello che per lei è l’ideale giusto! Però forzando le cose, Morgana, provoca un sacco di danni: a volte le cose vanno come devono andare, sennò diventano più complicate. Ě un grande insegnamento per tutte le persone come me che sono estremamente idealiste.

 

Andrea: Si tratta di vedere con occhi diversi lo stile di narrazione. Prospettive dinamiche, punti di vista come quello di Elena di Sparta, che dopo 10 anni dalla guerra di Troia, parla della guerra e di sé stessa senza sensi colpa: lei ha fatto la sua scelta perché era innamorata e non influenzata dagli dei, in questo caso Cipride (Afrodite) la dea dell’amore, che l’aveva confusa, come narra Omero. Comprendere anche gli aspetti della fragilità e della debolezza fa parte della responsabilità delle proprie scelte. Così pure Medea, la mia preferita, ricordata per la sua pazzia e l’infanticidio, aveva buoni motivi: per amore di Giasone, uccide il fratello, tradisce il padre, lei maga, strega, donna di sapere, risolve una serie di problemi, agli Argonauti. Dopo dieci anni di convivenza e due figli, un giorno, Giasone le dice di essersi sposato con una donna più giovane, figlia del re del posto. Le dice Giasone: “Io l’ho fatto per voi, per garantirvi la vostra posizione”, quanto è contemporaneo…  e così Medea stranamente “sbrocca” impazzisce fino a che c’è uno scontro tra i più belli che citiamo nel libro…

 

Maura: Il testo è di Euripide: “Ma come avevi la possibilità di risiedere in questo paese, di abitare in questa casa, adattarti senza recalcitrare alle decisioni di chi conta e però tu pazza hai deciso di non farlo. Tu dura nella tua pazzia non hai mai smesso di gettare fango sui tuoi sovrani: così ora sarai espulsa da Corinto. Ma nonostante tutto io non li rinnego i miei cari ed eccomi qui per provvedere a te, donna. Non voglio che tu vada in esilio con i figli, sprovvista di mezzi e anche se tu mi detesti, non potrei mai sentire ostilità nei tuoi confronti”. Giasone è convinto di essere magnanimo, e di non provare emozioni. Una persona che non prova emozioni, secondo la narrazione degli uomini, è più consapevole di una persona che prova emozioni. In realtà le emozioni e la comprensione intellettuale vanno nella stessa direzione: anche le neuroscienze lo hanno dimostrato.

 

Andrea: Giasone infatti dice a Medea: “tutto quello che tu hai fatto è stato a causa di Cipride, sei stata incantata non era merito tuo”, ciò significa che se uno è emozionato   e quindi mosso “internamente dagli Dei” vale meno di uno che agisce razionalmente. Il problema è che il “ragionevole” non capisce quel tipo di ragionevolezza che si colloca prima delle passioni, o meglio, prima delle emozioni e non dopo, come pensa il ragionevole. Infatti lui è convinto di essere oltre le emozioni. Medea ci racconta: “Io preferirei morire di spada piuttosto che partorire ancora…” è una frase dolorosissima ma molto contemporanea. Il suo gesto è incomprensibile agli umani ma comprensibile agli dei. Infatti alla fine della tragedia appare il carro degli dei che la porta verso l’Olimpo. Ma noi umani non possiamo rispondere “Al non detto degli dei”, al gesto sacrificale, che si può celebrare almeno per qualche giorno in una festa…

Continua Andrea: Il tentativo di questo libro è nello spezzare i condizionamenti: non voglio privilegi che non mi merito, che ho soltanto per nascita in quanto uomo, perché inevitabilmente li pagherei rinunciando alle mie emozioni che è una cosa che fanno tanti uomini. Io vedo mio figlio che piange quando gli va, ma non tutti i bambini possono farlo. Ma è anche vero che le donne nascono “maschiliste” perché sono immerse in un tessuto sociale che le rende tali, i condizionamenti di cui parlavamo prima. Se gli uomini devono essere “femministi” le donne devono smettere di essere “maschiliste”.

Altro brano tratto dal libro:

“In questo modo ogni preconcetto esplode, e si aprono passaggi segreti impensabili e altrimenti invisibili. La ragione per cui sente questa insoddisfazione bruciante è banale nella sua semplicità: è una donna. Questa non vuol dire che è complicata e incomprensibile, isterica e indomabile, intrattabile e uterina. Significa, al contrario, che è parte di una storia di sottomissione e silenzio. Anche se non l’ha vissuta in prima persona. La donna porta in sé il ricordo di tutto quello che le altre donne hanno subito nel corso della storia. La paura di essere tradita, la paura di soccombere sotto una montagna di responsabilità, la paura di non poter parlare e agire liberamente, la paura di dover stare al suo posto. Tutte queste paure sono le basi su cui si fonda “il problema senza nome”, un tabù ancor oggi”.

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Susanna Basile
Susanna Basilehttp://www.susannabasile.it
Susanna Basile Assistente di redazione Psicologa e sessuologa
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