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giovedì, Novembre 30, 2023
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Tutti siamo inclini a pensare la storia di Sant’Agata come innervata e connaturata da sempre con la Città di Catania. E, se pensiamo alla profonda relazione archetipale, possiamo ben dire che è indubbiamente così. Culti e Miti di Sicilia di Emanuele Ciaceri, gran libro del 1911, è la fonte più autorevole per discutere dell’innestarsi della storia di S. Agata con quella di S. Lucia e, di entrambe, con quella di Iside. In particolare, è noto che le celebrazioni riguardano il periodo invernale e, specie per S. Agata, si rende manifesta la relazione con il mare, come superamento del periodo più freddo dell’anno e dell’immissione in mare delle barche per il nuovo ciclo di pesca, cerimonia che era in correlazione anche con il carrum navalis (cioè con il carnevale, che cade nello stesso periodo) e con il navigium Isidis.
Se dovessimo storicizzare, troveremmo però che il patrono della città per lunghi secoli è stato San Giorgio, fatto comprensibile sul piano simbolico, tenuto conto che San Giorgio è colui che doma il Drago, che s’intende sepolto sotto l’Etna.

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S. Agata si innesta nel cuore della città con i primi festeggiamenti spontanei che avvennero il nel 1126, quando le reliquie contenenti le spoglie mortali, che erano state rubate e trasferite a Costantinopoli, dopo 86 anni dal trafugamento, vennero restituite alla città.
Le reliquie erano già ritenute prodigiose, tanto che, nel 252, era stato fatto girare in processione il suo velo per fermare un’eruzione dell’Etna, come ricorda Marinella Fiume nel suo Sicilia Esoterica (2017). In quell’epoca, e fino alla promulgazione dell’editto di Costantino del 313, erano tenute nascoste. In seguito, con l’ammissione del culto cristiano, le reliquie furono traslate nella chiesa di S. Agata la Vetere dove giacquero per lunghi secoli, fin quando l’ammiraglio bizantino Giorgio Maniace, nel 1040, che combatteva in Sicilia contro i Saraceni, le portò con sé a Costantinopoli.
Inizialmente i festeggiamenti erano tenuti soltanto all’interno della cattedrale. Dal 1376, anno di costruzione del fercolo (detto anche vara), ebbero inizio i festeggiamenti in processione per le vie della città, culminando nell’assunzione di Sant’Agata come patrona.

Ma, detto questo, resta ancora da chiarire cosa e come e perché. In particolare, è interessante vedere una importante ricostruzione, già avanzata sulle colonne della rivista Encelado, che riguarda l’episodio in cui l’imperatore Federico II condusse il suo esercito da Palermo fino alle porte della città di Catania per estirpare una ribellione.
Federico II aveva deciso di risolvere il problema dei latifondi, che Michele Amari descrive in Storia dei Musulmani in Sicilia narrando come, all’indomani della cacciata degli arabi, i patrizi collegati allo Stato Pontificio avevano creato documenti falsi per legittimare, in capo a un ristrettissimo numero di famiglie gradite e collegate al Pontefice, le proprietà delle terre.
Con il Liber Augustalis, redatto dal famoso Pier delle Vigne, Federico II aveva trovato modo di risolvere il tema, spezzando il latifondo. Palermo aveva provato a ribellarsi (si dice che nacque allora la confraternita di cui scrive lo storico Francesco Renda ne I Beati Paoli. Storia, letteratura e leggenda, 1988), ma era troppo vicino alla domus del potere dell’imperatore; diversamente Catania si sentiva più lontana e tutelata dal sistema baronale, espressione del potere temporale della Chiesa e quindi aveva assunto degli atteggiamenti che mossero l’Imperatore a un intervento deciso e risoluto.
Federico si avviò con l’esercito per usare il pugno di ferro contro la città di Catania. Gli fu mandata incontro un’ambasciata con il velo di Sant’Agata. Ora, il velo non aveva per Federico soltanto un valore religioso ma soprattutto era un messaggio di riconoscimento del valore che aveva assunto come simbolo della reconquista della Sicilia al mondo cattolico e occidentale, e dunque come riconoscimento del valore che l’esercito di Maniace prima e quello dei Normanni poi avevano avuto per questo obiettivo.
Un segnale di pace al quale Federico rispose con due grandi affermazioni. La prima, legata alla costruzione di un suo stabile presidio: il Castello Ursino, la cui realizzazione fu affidata a un grande architetto militare, Riccardo da Lentini. La seconda, fu il riprendere l’elefante scolpito da Eliodoro, simbolo della linea ereticale in rapporto al potere della Chiesa (Eliodoro era stato bruciato sul rogo per volere di Leone detto il Taumaturgo nell’VIII secolo), e metterlo proprio davanti alla Cattedrale: questo posizionamento simbolico significava dunque un chiaro monito per ricordare che accanto al potere della Chiesa c’era il potere dell’Impero.

La storia di Sant’Agata ha dunque un velo: dietro il quale c’è la verità della storia che, essendo umana, è una verità parziale, come un vaso rotto in mille pezzi. Non pretendiamo di aver ricostruito il vaso, ma di poter forse contribuire a costruire uno sguardo più attento sulle fonti, aperto a punti di vista lungamente tenuti insabbiati dal tempo, ma non per questo meno autentici e fondati.

Per il resto, e per una maggiore levità degli argomenti, rinviamo alla poesia e alle immagini di un libro di recente pubblicazione dedicato ad Agata e alla sua Cattedrale, che qui si recensisce nella sua qualità di narrazione per immagini e testo della storia di S. Agata, attraverso l’iconografia di dipinti, sculture, rappresentazioni, ricercate con passione dall’occhio attento del fotografo, Francesco Sacco, e commentate con grazia poetica da Rossana Quattrocchi.

Questo è un racconto di fantasia. Nomi, personaggi, istituzioni, luoghi ed episodi sono frutto dell’immaginazione dell’autore e non sono da considerarsi reali. Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari, organizzazioni o persone, viventi o defunte, veri o immaginari è del tutto casuale.

Tutti i racconti di Chiara Agata Marcella Scardaci, in arte Chiara Agata Scardaci, concessi in licenza gratuita per la pubblicazione e la conseguente divulgazione al giornale on line www.siciliareport.it, sono protette dal diritto d´autore nonché dal diritto di proprietà intellettuale. E’ quindi assolutamente vietato pubblicare, copiare, appropriarsi, ridistribuire, riprodurre qualsiasi frase, contenuto o immagine concernente i racconti, perché frutto del lavoro e dell´intelletto dell´autore stesso Chiara Agata Marcella Scardaci. É vietata la copia e la riproduzione dei contenuti e immagini in qualsiasi forma non autorizzata espressamente dall´autore Chiara Agata Scardaci.

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