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Fava: in Sicilia su 780 aziende confiscate solo 39 attive, “mancata volontà politica”

Palermo, 16 feb. – In Sicilia, su 780 aziende confiscate in via definitiva alla mafia in gestione solo 39 sono attive. Su 459 destinate, solamente 11 non sono state destinate alla liquidazione. E’il dato “allarmante” contenuto nella relazione della Commissione Antimafia Ars sui beni confiscati alla criminalità organizzata e illustrata oggi, in conferenza stampa, dal presidente Claudio Fava.

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“Per lo Stato, che ha fatto della tutela dei livelli occupazionali nelle aziende confiscate un punto d’onore e un obiettivo prioritario della legge, questi numeri rappresentano una secca sconfitta, appena mitigata da alcune esperienze virtuose – si legge nella relazione – Al netto di poche eccezioni, la prassi prevalente, almeno fino ad oggi, sembra l’accompagnamento delle aziende tolte alla mafia al declino ed infine alla ‘morte’, con danni significativi per i posti di lavoro perduti e per l’economia del territorio”. Nella sua audizione in Commissione, il vice capocentro della Dia di Palermo colonnello Paolo Azzarone ha evidenziato come “le imprese sottratte al controllo di indiziati mafiosi cominciano un percorso di legalità per così dire accidentato, perché quando tali imprese sono nella diretta disponibilità del titolare indiziato mafioso, godono di quello che la giurisprudenza ormai definisce avviamento mafioso& Dopo il sequestro per molte imprese, purtroppo, si avvicina il momento del fallimento perché escono letteralmente dal mercato, non riescono più ad avere quel margine di utilità che riuscivano ad avere con il titolare mafioso”.

A mancare, secondo la Commissione, è una “efficace cabina di regia. Responsabilità e competenze funzionali vanno oggi spalmate su molti soggetti istituzionali (Agenzia, prefetture, tribunali, amministratori e coadiutori giudiziari, tavoli provinciali, nuclei di supporto), non sempre utilmente e consapevolmente collegati tra loro”. “Aver rinunziato a impegnarsi per creare questo circuito della legalità – si sottolinea nella relazione – è il frutto di un’incuria istituzionale e di una mancanza di spirito d’iniziativa che non può essere giustificata con lacune legislative o penuria di mezzi: è mancata, in questi anni, la volontà politica (parlamento e governi) di trasformare il destino delle aziende confiscate alle mafie in una vera, concreta e utile sfida civile del sistema paese. Tutta l’attenzione e la tensione morale è stata posta sul momento sanzionatorio; poco o nulla, su quello della ricostruzione. E mentre la criminalità organizzata è ben capace di creare i propri circuiti affaristici e d’impunità tra le proprie aziende, lo Stato ha lasciato che ciascuna di esse, una volta liberata, fosse condannata alla propria solitudine”.
(Adnkronos)

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