I soldi del pizzo servivano non solo ad alimentare le casse di Cosa nostra, ma soprattutto a mantenere le famiglie dei mafiosi finiti in carcere. E’ quanto emerge dal blitz antimafia ‘Jato Bet’ eseguito dai carabinieri, che ha colpito la famiglia di San Giuseppe Jato. Gli investigatori dell’Arma hanno monitorato gli assetti del mandamento subito dopo le operazioni ‘Nuovo Mandamento’ (2013), ‘Quattro. Zero’ (2014), ‘Montereale’ (2016) e
‘Nuovo Papa’ (2017), facendo luce sul capillare controllo del territorio esercitato dai boss.
Nel mirino del clan è finito soprattutto il gestore di un centro scommesse, che in più occasioni, tra cui la Pasqua del 2017, ha consegnato agli indagati Maurizio Licari, Giuseppe Antonio Bommarito e Nicusor Tinjala somme di denaro utilizzate sia per alimentare la
‘cassa’ della famiglia mafiosa che per supportare i detenuti associati attraverso il sostentamento delle rispettive famiglie.
Le indagini dei militari del nucleo Investigativo del Gruppo di Monreale, diretti da un pool di magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, coordinati dal procuratore
aggiunto, Salvatore De Luca, hanno documentato anche la cessione di sostanze stupefacenti del tipo hashish tra i territori di Palermo (mandamenti mafiosi di Santa Maria del Gesù e Porta Nuova) e San Giuseppe Jato.