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La cultura che crea valore, ai Benedettini le ricette di universitari ed esperti

CATANIA – Non dobbiamo più essere il paese dello zero a zero: soltanto se lavoriamo insieme senza protagonismi e veti reciproci potremo cercare di invertire la tendenza che da decenni, ormai, ci vede penalizzati. Le università, gli enti di ricerca, le istituzioni locali siamo obbligati a lavorare insieme, sapendo che la risposta della gente alle proposte culturali c’è ed è grande, perché grande è la sete di cultura”. Ha fatto ricorso a una eloquentissima metafora calcistica il rettore Francesco Priolo, aprendo gli interventi della tavola rotonda su “Politiche culturali, università e meridione” che si è tenuta venerdì pomeriggio nell’aula magna del Monastero dei Benedettini.
Al suo fianco il rettore di Messina Salvatore Cuzzocrea, il componente del Consiglio superiore dei Beni culturali Daniele Malfitana, la direttrice del Polo museale del Lazio Edith Gabrielli e il docente di ingegneria gestionale all’Università di Pisa Andrea Bonaccorsi, componente dell’advisory board del dipartimento di Scienze umanistiche catanese, in quello che è stato il momento di chiusura del periodico “Colloquio di ricerca” che ogni anno chiama a raccolta per un confronto serrato tutti i docenti e ricercatori che operano al Monastero dei Benedettini. Il “Colloquio” è pensato infatti come un’occasione di conoscenza, di dialogo e di confronto e intende dare testimonianza della vivace comunità di ricerca che lavora, studia e insegna all’interno del Disum. “Un’iniziativa che andrebbe adottata anche in altri dipartimenti – ha osservato il rettore -, perché non si tratta soltanto di un seminario scientifico a più voci, ma qui si ragiona sull’impatto culturale degli atenei nel territorio e nella società. L’opinione pubblica, la gente, le famiglie devono avere ben chiaro che le università creano cultura, oltre che erogare formazione. E ogni volta che la politica ‘taglia’ i fondi per gli atenei, chi perde non sono i professori, ma l’intera società”.

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L’appello del rettore etneo è stato sposato dal collega messinese, che ha assicurato collaborazione e unità d’intenti: “Noi università dobbiamo certamente fare un esame di coscienza, ma partiamo dal fatto che appariamo molto peggio di quello che siamo in realtà: abbiamo docenti bravi, ricercatori bravi, studenti bravissimi, ma l’immagine che si ha di noi, in particolare al sud, è pessima – ha riflettuto Cuzzocrea -. Il mondo oggi ci chiede altro, e dobbiamo saper comprenderlo. Ma dobbiamo capire anche che non spetta a noi creare posti di lavoro: gli atenei devono formare le generazioni del domani, quindi chiediamo fondi e risorse per gli spin off e per investire sui ricercatori brillanti”.
Questi gli aspetti legati al mondo universitario che si sono incrociati in questa occasione con la riflessione sul ‘valore’ dei saperi umanistici, nella disamina del prof. Bonaccorsi, e sull’innovazione nella gestione dei beni culturali, ‘declinata’ da Gabrielli e Malfitana. “Un museo, una fondazione, un edificio storico – ha detto la storica dell’arte e museologa romana -, devono produrre cultura innanzitutto per chi vi abita vicino, prima ancora che per i potenziali turisti. In quest’ottica, ben venga l’utilizzo delle nuove tecnologie di fruizione, ma soprattutto occorre una corretta gestione in grado di interloquire con gli enti locali e le strutture di ricerca accademiche”. “L’investimento in saperi umanistici crea valore – ha assicurato il direttore dell’Ibam Cnr etneo Daniele Malfitana -, ma chi si occupa di beni culturali deve riuscire a varcare la soglia del fare impresa: alla cultura servono buoni ricercatori e soprattutto ottimi imprenditori, nel solco di un’unica filiera che finalmente comprenda l’educazione, la ricerca, la tutela, la valorizzazione, la comunicazione e l’innovazione. Ecco perché è fondamentale il dialogo con le università e urgentissimo riprendere le fila di un accordo quadro tra i due ministeri dell’Istruzione e dei Beni culturali sottoscritto nel 2015 ma rimasto una scatola vuota”.

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