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“Fedora”: il capolavoro di Giordano torna dopo mezzo secolo sul palcoscenico del Bellini

CATANIA – Amore e morte che s’inseguono senza tregua e senza riscatto. Una melodia infuocata che sostiene la drammaturgia musicale, fino alla straziante richiesta di perdono che postula fatalmente l’estremo sacrificio. Questi gli ingredienti – classici eppure rivisitati con spasmodica tensione – che rendono esplosiva la miscela di “Fedora”, titolo raramente frequentato di Umberto Giordano, che torna al Teatro Massimo Bellini di Catania per sette recite, dal 28 al 23 marzo, dopo un’assenza durata oltre mezzo secolo. Un evento che vedrà sul podio della prima rappresentazione il grande Daniel Oren, tra i maggiori direttori d’orchestra della scena internazionale.
È infatti dal lontano febbraio del 1968 che dal palcoscenico catanese manca un’opera peraltro assai cara ai melomani. Merito di una partitura che non soltanto si inscrive tra le più significative del verismo della Giovane Scuola, ma alla quale il pubblico da sempre riserva un posto privilegiato nella memoria: se non altro per il memorabile arioso di Loris, “Amor ti vieta”, che alla prima esecuzione, nel 1898, assicurò notorietà immediata al primo interprete del ruolo, un giovanissimo Enrico Caruso.
Ma tutto questo e molto di più, è “Fedora”, attanagliante thriller capace di incollare alle poltrone il pubblico di tutto il mondo per seguire una storia che si snoda da San Pietroburgo alle montagne innevate dalla Svizzera, passando per Parigi: omicidi e intrighi internazionali sono, infatti, lo sfondo dell’amore tanto appassionato quanto contrastato che unisce la principessa Fedora Romazov (che all’alzarsi del sipario è in procinto di sposarsi con un altro il cui omicidio intende vendicare), al conte Loris Ipanov, affascinante dandy frequentatore dell’alta società di fine secolo. Materia incandescente, dovuta alla penna di Victorien Sardou, il drammaturgo più importante della scena teatrale francese di fine Ottocento, che nel 1882 compone un rovente dramma in quattro atti per il talento di Sarah Bernhardt, che ne farà uno dei suoi inarrivabili cavalli di battaglia. Il personaggio di Fedora perfettamente s’attaglia al fenomeno del divismo, cui proprio la grande artista francese schiude il passo: non è un caso se l’adattamento operistico – realizzato da Arturo Colautti – ha sempre attirato primedonne di grande carisma, dalla prima interprete, la leggendaria Gemma Bellincioni Stagno, fino a tutti i soprani che hanno segnato la storia dell’interpretazione del ruolo: da Renata Tebaldi a Magda Olivero, da Mirella Freni a Renata Scotto, fino a Daniela Dessì.
L’imminente ripresa catanese schiera un cast internazionale, che vedrà alternarsi nel ruolo del titolo il soprano lettone Ira Bertman all’italiana Elena Rossi, mentre vestiranno i panni del conte Ipanov il promettente tenore russo Sergey Polyakov, in alternanza con l’egiziano Ragaa Eldin, mentre nei ruoli del diplomatico De Siriex e della frizzante contessa Olga Sukarev sarà possibile ascoltare rispettivamente il rumeno Ionut Pascu e la giovanissima Anastasia Bartoli. Collaboratore di firme storiche come Lamberto Puggelli e, adesso, Leo Nucci, Salvo Piro firma la regia dello spettacolo che – su scene e costumi di Alfredo Troisi – direttamente proviene dal teatro della città natale di Giordano, Foggia. Grande attesa per il gradito ritorno sul podio del Bellini, infine, della bacchetta dell’israeliano Daniel Oren, interprete di riferimento del repertorio italiano tra Otto e Novecento. Vincitore del prestigioso Concorso internazionale “Herbert von Karajan”, Oren è stato applaudito dalle platee di tutto il mondo ed è amatissimo in Italia, dove è attivo dal 1978, anno del debutto al Festival dei Due Mondi di Spoleto, ed è attualmente direttore artistico del Teatro “G. Verdi” di Salerno. Dopo la prima del 17 marzo, al direttore israeliano subentrerà Gennaro Cappabianca, che al Bellini ha già diretto lo Stabat Mater di Pergolesi/Paisiello e la prima mondiale di “Lucenti Aita” di Mario Garuti.

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