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Calcio: l’orgoglio nazionale diventa donna

Il calcio, quello sport, quando è sport, considerato di massa e la massa si sa ha bisogno di obiettivi solidi e concreti per rinforzare la propria coesione identitaria. Il campionato mondiale femminile, ma soprattutto la Nazionale azzurra (che dovrebbe esser rosa? Ma quella è un’altra storia ndr.) ha incassato tre milioni e mezzo di ascolti per il match d’esordio contro l’Australia e quasi tre milioni per la gara contro la Giamaica. Il Mondiale della Nazionale allenata da Milena Bertolini è stato veramente un’esperienza sorprendente e si temeva una diffusa mancanza di esperienza e scarsa familiarità con eventi di questa portata. Forte di questi numeri martedì sera la Nazionale femminile di calcio approderà addirittura alle ore 21:00, per la prima volta nella storia, in diretta sulla prima Tv nazionale: Rai1 . E pensare che nel 1933 il fascismo vietò il calcio giocato dalle donne e come si legge dalle note del Corriere della Sera “fu fondato a Milano il «Gruppo femminile calcistico», il primo club di donne che poter giocare scendevano in campo con delle sottane. Considerato uno spettacolo indecente secondo il Coni e il Regime, e come si legge sul Littoriale, solo dopo otto mesi vietarono alle ragazze di giocare a calcio, almeno, pubblicamente.”

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Ma stasera la partita si fa importante, un avversario storico, di quello da Coppa del Mondo, ideata e disegnata sempre da un italiano, l’orafo e scultore italiano Silvio Gazzaniga e prodotta dall’azienda Bertoni Srl, un avversario che ai maschi italiani fa sognare il 1982 di Bearzot e Paolo Rossi: il Brasile. Oggi tutto cambia però, e meno male, le trasformazioni ci danno altre emozioni, non le stesse, diverse, adattate ed adagiate ad un simbolo: quello della Globalizzazione. Anche il nome della coppa cambia, oggi conosciuta in tutto il mondo come FIFA World Cup.

Non mi spaventano i cambiamenti, quelli dei diritti  e degli uguali, della voglia di fare qualsiasi cosa nel rispetto dell’altro e dove l’eguaglianza aritmetica si sposa con la geometria, all’interno di una partecipatività totale, sportiva ed obiettiva. Gli inutili discorsi, le banali demagogie non fanno per me, l’emozione è personale quasi quanto la responsabilità penale, ma l’associazione no, quella diventa coesione, voglia di stare insieme, diversi e uguali ma con la voglia di vivere e divertirsi spensieratamente. Lo Sport, quello con la “S” maiuscola, che può, anche dal calcio, essere rappresentato, ha voglia di giocare una sana competitività, mai preponderante ma “accogliente”.

E allora, da italiano, che sia un nuovo ritorno del calcio azzurro e che si vinca sportivamente, senza arroganza, nessuna prepotenza e che vincano, meritatamente, le ragazze migliori.

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Paolo Zerbo
Paolo Zerbohttp://zarbos.altervista.org
Paolo Zerbo Direttore responsabile Laurea in Sociologia Communication skills and process model ICT developer
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