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Benedettini, sabato sera ‘Il cunto’ del maestro Mimmo Cuticchio

CATANIA – Sabato 6 luglio alle 21, nel Chiostro di Ponente del Monastero dei Benedettini, il maestro Mimmo Cuticchio, si esibirà nello spettacolo “Il cunto”.
L’evento – organizzato in collaborazione con Zō Centro Culture Contemporanee – è inserito nel calendario di eventi “Porte aperte Unict 2019 – L’Università per la città” che fino al 2 agosto propone concerti, proiezioni, spettacoli teatrali e incontri negli edifici storici dell’Università di Catania.
Il ritmo sincopato del cunto, di origine misteriosa e antichissima, scandisce l’epopea per voce sola che Cuticchio, il maggiore puparo e cuntastorie del nostro tempo, porta nelle piazze e nei teatri del mondo.
Un colpo del piede sulla pedana, un gesto imperioso della spada ricevuta come eredità iniziatica dal maestro Peppino Celano, e la voce possente di Cuticchio chiama a raccolta il pubblico intorno alle avventure cavalleresche di Orlando e dei Paladini di Francia, che per secoli i giullari cantarono lungo le strade d’Europa, tessendo un tappeto coloritissimo di immagini con le scarne formule della tradizione orale. Un fastoso teatro della memoria si spalanca nel breve recinto del cunto, in cui «ricordare» significa di nuovo, secondo l’etimologia cara al Medioevo, «rimpatriare nel cuore».
Biglietti in vendita al botteghino in loco: intero 10 euro, ridotto personale universitario 7 euro, ridotto studenti 5 euro.

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Il cunto del cunto

Con il solo uso della voce e con l’ausilio di una spada, i contastorie raccontavano, seduti o in piedi, circondati da un pubblico assiduo che ascoltava, la storia dei reali di Francia e dei loro paladini, il repertorio epico-cavalleresco.
Le notizie sulle origini del cunto sono così frammentarie e insufficienti da non potere risalire a una data precisa in cui possa essere nato questo tipo di recitazione che, probabilmente, ha un legame con i cantori della Grecia antica prima e dell’antica Roma poi.
La parola cuntu è un termine dialettale per definire il racconto, ma il cuntista racconta soltanto storie epico-cavalleresche, con una scansione metrica, una gestualità del corpo, una mimica del viso necessari per la definizione dei personaggi. A differenza del cantastorie, che è invece un raccontatore di fatti di cronaca e che accompagna i suoi versi con una chitarra e un cartellone raffigurante i diversi episodi della vicenda, il cuntista racconta in prosa ed è accompagnato soltanto da una spada di legno o di ferro, che gli serve ora per dar fendenti in aria, ora per dare ritmo alle battaglie. Il cuntista evoca i protagonisti della vicenda divenendo corpo sonoro; la sua voce diventa ora tonante, ora carezzevole, ora aspra o struggente, fino ad arrivare ad alcuni momenti drammatici in cui la recita risulta una scansione regolata che supera qualsiasi realismo per raggiungere l’astrazione del suono.
Nel cunto esiste anche una tecnica per la memoria. Quando il cuntista racconta una storia, oggi come allora, egli si crea un labirinto in testa ma sa trovare sempre il filo per uscire. Può concedere un certo margine all’improvvisazione, ma non può non conoscere le storia. Il vero narratore deve saper distinguere la verità della vita dalla verità della finzione. Deve saper gestire il racconto per trovare la giusta misura, l’ironia, il distacco. Per arrivare a questo risultato, Cuticchio costruisce un viaggio mentale e, come in un viaggio reale, conosce il tragitto che dovrà seguire ma non sa mai cosa incontrerà.
Per raccontare la storia di Orlando, potrebbe decidere di cominciare dal mezzo o dalla sua morte, per poi tornare indietro e raccontarne la vita.
Il fendente con la spada e il battito del piede sono una valvola di sfogo durante l’apnea del cunto. Analogamente al fulmine che scarica l’energia accumulata durante una tempesta, anche nel cunto, ogni tanto, c’è bisogno di liberare la tensione, altrimenti il corpo rischierebbe di scindersi e di allontanarsi dalla mente.

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