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HomeRubricheL'intervistaFrancesco Cusa: cosciente, della sua "Stralunata" invenzione

Francesco Cusa: cosciente, della sua “Stralunata” invenzione

“Stralunata”, questo il nome della rassegna letteraria-musicale che dal 15 luglio al 1 settembre 2019 a Catania, sollazzerà i catanesi e i turisti che avranno modo di assistere agli spettacoli ideati e curati da Francesco Cusa. La manifestazione, promossa ed organizzata da Lunaria Edizioni e realizzata in collaborazione con l’associazione culturale Gammazita e la biblioteca urbana Piazza dei libri rappresenta visioni, emozioni, globalizzazione e glocalizzazione all’interno di uno spazio che può diventare “Arte-Mondo”. Ho pensato quindi, di fare due chiacchiere con il mio “vulcanico” amico Francesco, che è sempre preso dalle sue idee, dalle faccende, dalle contemplazioni e dalle frenesie “dirompenti”.

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Come nasce l’idea di stralunata?

Nasce da un invito da parte del centro culturale “Gammazita”, che mi ha chiesto di ideare una rassegna a partire dalle conoscenze dirette che potevo vantare con molti degli artisti presenti nella rassegna. Sono molto felice di ricoprire il ruolo di direttore artistico per una bella iniziativa che si tiene nella mia città. Le rare volte che mi mi viene chiesta una consulenza, accetto sempre di buon grado. Con poche risorse e grandi passioni si può fare davvero tanto.

In cosa consistono questi duelli tra scrittori musicisti?

Il focus è quello dell’improvvisazione. Chiedo agli invitati di non preparare nulla e di lasciare che i canovacci del testo incontrino l’estemporaneità della recitazione e della sonorizzazione. In questo senso è una rassegna che vede la performance come strumento sinestetico, come “medium” dialettico alla fruizione delle opere presentate.

Ci sarà uno spazio interattivo per gli spettatori?

Non saprei risponderti. Me lo auguro, purché non diventi molesto. Di certo, potranno esserci domande rivolte dagli spettatori agli artisti durante le varie serate.

Ci sarà un seguito e un’esportazione del format?

Me lo auguro fortemente. Sono arrivate tantissime richieste da parte di scrittori e musicisti, dunque sarebbe bello continuare presso Gammazita e proporre questo format altrove, anche per pubblicizzare la nascente casa editrice “Lunaria”, che parte secondo auspici davvero affascinanti.

È pura sicilianità o l’intenzione è quella cosmopolita di comunicare al mondo la leggerezza della cultura?

La Sicilia è un continente, storicamente è da sempre terra di sincretismi e luogo meticciato tra i più singolari al mondo. Qui tra un bar e l’altro si celebra l’arte del dettaglio in chiave “nabokoviana”. Oserei dire che la Sicilia è cosmopolita per “vocazione”, vista la posizione centrale che occupa nel Mediterraneo. Geograficamente, e dunque culturalmente, si è sempre posta come crocevia di idiomi e linguaggi, e dunque di una semantica cangiante, soprattutto nella sua parte orientale, funestata da millenni dalla violenza distruttiva di cataclismi ed eruzioni. Occorrerebbe intendersi sul significato attuale di “cultura” per poter azzardare una risposta plausibile. E anche sul significato del termine “leggerezza”.

La tua vita, tra due città. Un rapporto di amore odio che converge nell’arte?

Cerco di prendere il meglio da Catania e da Bologna. È molto faticoso scegliere di vivere per due mesi in un luogo e due mesi nell’altro. Ma alla fine lo ritengo processo stimolante. È un ricambio energetico continuo. Di solito, vado via quando sto cominciando ad abituarmi ai ritmi della città. Certamente tutto ciò ha anche un’influenza in ciò che produco.

Esiste secondo te un contenitore dell’arte o è l’arte che contiene il mondo?

L’arte non può essere “contenuta” giacché espressione del Sacro, del Tremendo, dell’Incommensurabile. Essa tracima e offre scampoli di atroce Bellezza a dispetto dei contenitori, degli spazi-comfort ideati dall’uomo. L’arte è l’espressione di tutto ciò che non può essere intrappolato in un museo, in un teatro, in una mostra, in un format. È tutto ciò che tracima dagli spazi della fruizione e ferisce la coscienza dell’uomo. L’arte è ciò che resiste alla normalizzazione. Dunque la risposta è: l’arte è la palingenesi del mondo.

C’è qualche speranza di salvezza?

Da cosa? Non c’è niente da salvare. Siamo fortunati a essere incarnati e a godere della bellezza del campare. La salvezza è per chi non ha capacità di armonizzare la “jouissance”. La Gioia, lo si sa, può essere molto più devastante del Dolore. Il Dolore rimanda al corpo, la Gioia alle meraviglie dell’anima. Fuori dal tempo e dallo spazio non c’è alcuna necessità di redenzione.

Francesco, regalaci, se vuoi, un aforisma a conclusione di questa chiacchierata…

“Tac(q)uino: ove scrissi tutto ciò di cui mai parlai”. Questo e altri finiranno nel prossimo mio saggio, “Il Surrealismo della Pianta Grassa” – insieme ad altri pensieri e piccoli racconti di vita -, che sarà edito da “Algra Editore” di Alfio Grasso, altra bella realtà editoriale catanese.

 

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Paolo Zerbo
Paolo Zerbohttp://zarbos.altervista.org
Paolo Zerbo Direttore responsabile Laurea in Sociologia Communication skills and process model ICT developer
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