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L’obelisco “egittizzante” di Catania, tra simboli e geroglifici a cura dell’egittologo Giacomo Cavillier

Da “Nella terra di Iside. L’Egitto nell’immaginario letterario italiano”, il recente libro della studiosa Dora Marchese, ha preso spunto il “Progetto Iside: Archeologia, Culto e Antichità” che si propone di ricostruire il millenario e vitale rapporto tra la Sicilia orientale e l’Egitto faraonico, testimoniato dai culti, dai commerci e dalle tradizioni locali, mediante l’analisi delle antichità egizie ed egittizzanti presenti nel territori e del fecondo apporto dei racconti di viaggio di letterati e studiosi siciliani dell’800 e ’900.

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Se dunque il Progetto Iside interessa, naturalmente, anche il territorio di Catania, è d’uopo iniziare la ricognizione scientifica proprio dal suo simbolo più celebre: l’obelisco posto sul liotru, elemento di unione tra passato e presente. L’egittologo Giacomo Cavillier, docente all’Università del Cairo, fornisce una rilettura del monumento, con lo sguardo dello studioso da anni impegnato in ricerche e missioni in Egitto, in particolare a Luxor, capitale dei faraoni del Nuovo Regno da cui provengono alcuni dei più preziosi e maestosi obelischi oggi presenti in Europa.

È noto che l’antico manufatto di granito è stato più volte definito “egittizzante” poiché imita elementi figurativi egizi. Fin qui nessun distonia col concetto d’imitazione, perché l’iconografia presente sull’obelisco di Catania ricalca perfettamente l’iconografia anticoegiziana relativa a figure divine e ai loro simboli. È tuttavia da evidenziare che l’autore dei rilievi non sembra aver “riempito” le facce dell’obelisco con figure fantasiose e prive di alcun significato cultuale, come il più delle volte pare riscontrarsi in numerosi manufatti e reperti egittizzanti di epoca classica e tarda, ma abbia descritto con estrema precisione e dovizia di particolari una serie di divinità, probabilmente legate al culto locale di Iside o di Serapide (Fig.2).

E qualora si volesse anche ipotizzare, come è stato più volte suggerito, che i rilievi dell’obelisco «non avrebbero senso logico, ma puramente figurativo» non si comprenderebbe da dove l’antico autore, privo della conoscenza dei tradizionali culti faraonici, avesse potuto trarre tale iconografia in assenza di altre testimonianze archeologiche relative alla presenza di templi o strutture religiose egizie in città. La preziosità e la tipologia dei rilievi dell’obelisco lo rende un unicum in tutto il Mediterraneo e ben lontano dal prodotto di un fantasioso scultore e men che meno di un simbolo “misterioso” ed “esoterico” come talvolta descritto. Se così fosse, mancherebbe, de facto, la raison d’être per la realizzazione di una simile opera in un centro così importante della Sicilia romana come Catania.

Sempre in tema di manufatti ritenuti egittizzanti di epoca romana, a volte invocati quali idonei esempi per spiegare il concetto di «puramente decorativo» da accostare al nostro obelisco, non si può non citare la famosa Mensa Isiaca. Questo importante reperto è ritenuto “egittizzante” per la presenza decorativa di figure divine che attorniano Iside senza un’apparente logica, ma che, quale tavola d’offerta bronzea sulla quale rappresentare il pantheon egizio (Fig.2), pare invece rispondere pienamente alle esigenze dell’antico culto della dea nella capitale dell’impero. Anche in questo caso, come per l’obelisco, la valenza magico-cultuale del manufatto è sempre in grado di produrre i suoi effetti anche in assenza di specifiche formule e di iscrizioni; in epoca tolemaica e romana tale effetto si ha mediante l’uso di un’apposita grafia “figurativa” che prevede concetti e frasi espressi in determinati simboli e figure.

Sembrano dunque coesistere due concetti paralleli: l’egittizzante che imita l’iconografia egizia senza alcun rispetto per il significato di ciò che le figure e i segni rappresentano e l’egittizzante in cui ciò che si rappresenta ha una logica e un significato ben preciso; quest’ultimo concetto afferisce il nostro obelisco.

 

Come si vede, abbiamo a che fare con simboli ed iconografie che richiamano certamente il culto di Iside e di Serapide nel suo significato di resurrezione oltremondana, protezione della regalità, protezione delle nascite e simbolo cosmico di creazione. Lo stile e i canoni di rappresentazione del monumento fanno ipotizzare una datazione all’età romana imperiale, epoca di grande diffusione dei culti egizi nel Mediterraneo occidentale e in particolare nella Penisola italica.

L’obelisco è dunque un reperto archeologico eccezionale in grado di narrare una storia e un culto fra i più importanti della civiltà faraonica, il cui fecondo e costante apporto di contributi scientifici, scevri da appassionate e fantasiose interpretazioni esoteriche e di “mistero”, potrà invero rivelarne le potenzialità culturali e contribuire a gettar maggior luce sul rapporto tra Catania e l’Egitto.

 

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