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Ungheria: che cos’è il meccanismo Ue di condizionalità sullo Stato di diritto

Il meccanismo per la tutela del bilancio dell’Ue dalle violazioni dello Stato di diritto negli Stati membri, che la Commissione Europea oggi ha deciso di utilizzare, integra gli strumenti che l’Ue ha a disposizione per proteggere lo Stato di diritto, tutelando il bilancio dell’Unione dalle violazioni che ne compromettono la sana gestione finanziaria o che incidono sulla tutela degli interessi finanziari dell’Ue.
Lo Stato di diritto impone che tutti i poteri pubblici agiscano entro limiti fissati dalla legge, in linea con i valori della democrazia e nel rispetto dei principi stabiliti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue. Il legame tra il rispetto dello Stato di diritto e la tutela del bilancio Ue si fonda essenzialmente sul fatto che gli Stati possono garantire una sana gestione finanziaria “solo se le autorità pubbliche agiscono in conformità della legge”, se i casi di frode sono effettivamente perseguiti e se le decisioni “arbitrarie” delle autorità possono essere soggette ad un effettivo controllo giurisdizionale.

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In pratica è essenziale, tra l’altro, che la magistratura sia effettivamente indipendente. Attenzione però: il meccanismo non sanziona tutte le violazioni dello Stato di diritto che avvengono negli Stati Ue.  La Commissione deve provare che la violazione identificata abbia effettivamente un impatto sul bilancio Ue, cosa che costituisce “senza dubbio una limitazione sostanziale della sua futura applicazione” (Niels Kirst, European Papers, 2021).

 

Il regolamento è nato su input del Consiglio Europeo del luglio 2020, quando venne deciso Next Generation Eu: nel pacchetto dell’accordo era previsto un meccanismo di condizionalità che legasse sia il Quadro Finanziario Pluriennale che Next Generation al rispetto dello Stato di diritto. A volerlo furono soprattutto Paesi come l’Olanda, per avere uno strumento in più per affrontare una crisi, quella dello Stato di diritto, che “minaccia l’essenza stessa del progetto europeo” (Kirst).

Procedure come l’articolo 7, che porta in teoria alla sospensione dei diritti di voto dello Stato in questione, si sono rivelate un’arma spuntata, visto che richiedono l’unanimità (Polonia e Ungheria si proteggono a vicenda e gli Stati nel Consiglio sono generalmente restii ad utilizzare armi così contundenti). L’attivazione del meccanismo viene proposta dalla Commissione e viene votata dal Consiglio a maggioranza qualificata.  Concepito per porre pressione su Polonia e Ungheria, i due Paesi più problematici sotto il profilo del rispetto dello Stato di diritto, è stato bloccato dai due Stati, cui si è aggiunta la Slovenia, nel Consiglio Europeo del dicembre 2020.

I tre condizionarono il loro ok alla decisione sulle risorse proprie, base per l’Mff 2021-27 e per Next Generation Eu, alla non applicazione del meccanismo, che Varsavia e Budapest consideravano e considerano una grave minaccia, dato che sono entrambi grandi beneficiari netti dei fondi Ue. In base al compromesso del dicembre 2020, il regolamento, tra l’altro, avrebbe dovuto essere applicato solo dopo che la Corte di Giustizia dell’Ue si fosse pronunciata sul ricorso promosso dai governi polacco e ungherese in merito alla legalità del regolamento e dopo che la Commissione, in seguito al pronunciamento dei giudici di Lussemburgo, avesse sviluppato delle linee guida.

La validità delle direttive fornite dal Consiglio Europeo con le conclusioni del 10 dicembre è contesa tra gli esperti, ma quelle conclusioni hanno avuto l’effetto pratico di ritardare l’applicazione del regolamento, che formalmente è in vigore dal gennaio 2021, dato che la Commissione si è attenuta alle indicazioni dei leader. La Corte di Giustizia si è pronunciata nel febbraio 2022, respingendo il ricorso di Polonia e Ungheria. La Commissione non lo ha applicato fino ad oggi, attirandosi le critiche del Parlamento Europeo, che ha spinto più di tutti per avere questo strumento.

L’Aula ha anche citato la Commissione in Corte, nell’ottobre 2021, per non avere applicato il regolamento. Per far funzionare il meccanismo nella pratica la Commissione ha sviluppato delle linee guida, pubblicate nella primavera scorsa.  La procedura prevede l’invio preliminare di una lettera, cosa che nei confronti dell’Ungheria è avvenuta nell’aprile 2022. Una volta ricevute e analizzate le eventuale osservazioni dello Stato in questione, la Commissione propone al Consiglio l’attivazione del meccanismo. Il Consiglio vota a maggioranza qualificata. L’esecutivo, prima di presentare la proposta al Consiglio, deve condurre una “valutazione qualitativa approfondita” per individuare le violazioni dello Stato di diritto, valutazione che deve essere “oggettiva, imparziale ed equa”.

Il meccanismo entra in azione nel caso in cui le altre procedure previste per la legislazione dell’Unione non consentano una tutela efficace del bilancio Ue.  Nel decidere le misure da adottare, che possono prevedere la sospensione dei pagamenti relativi ai fondi Ue o correzioni al loro ammontare, la Commissione tiene conto della gravità delle violazioni, della condotta dello Stato membro e del grado di collaborazione fornito. Perché il meccanismo scatti occorre che sia stato violato almeno uno dei principi dello Stato di diritto, che comprendono i principi di legalità, di certezza del diritto, il divieto di decisioni arbitrare del potere esecutivo, l’effettiva protezione giudiziaria, la separazione dei poteri, la non discriminazione e l’uguaglianza davanti alla legge.

 

La violazione deve riguardare la condotta delle autorità pubbliche, o essere loro attribuita, posto che sia rilevante per la gestione finanziaria del bilancio Ue o per la protezione degli interessi finanziari dell’Unione. La violazione, inoltre, deve essere tale da rischiare di danneggiare seriamente la gestione del bilancio Ue o la protezione degli interessi finanziari dell’Ue, sia per quanto riguarda i ricavi che per quanto riguarda le spese. E deve esserci una relazione sufficientemente diretta tra la violazione e i suoi effetti: la valutazione viene fatta caso per caso.

Per Mario Koelling (Real Instituto Elcano, marzo 2022), uno dei problemi è che il legame tra la violazione dello Stato di diritto e il bilancio Ue sarà sempre “tenue”. Se tutte queste condizioni sono presenti, allora la Commissione propone di avviare la procedura, a meno che non ritenga che ci sono altri strumenti più efficaci nel tutelare il bilancio Ue. Le misure proposte devono essere proporzionate: devono cioè essere necessarie per affrontare i problemi rilevati e proteggere il bilancio e gli interessi finanziari dell’Unione, senza andare oltre quanto è necessario a raggiungere l’obiettivo.

Per valutare la proporzionalità, l’esecutivo Ue deve tenere conto della natura, della durata e della gravità delle violazioni riscontrate, oltre alla volontà dello Stato di rimediare, al grado di collaborazione mostrato e alla possibile persistenza o reiterazione della violazione. La valutazione si basa su una serie di informazioni, tra cui quelle contenute nello Eu Justice Scoreboard e nel rapporto sullo Stato di diritto, che la Commissione redige ogni anno. Un principio chiave del regolamento è che la sanzione inflitta allo Stato membro non dovrebbe colpire i beneficiari ultimi dei fondi: lo Stato in questione dovrebbe continuare a versare i fondi di tasca propria, anche se non è chiaro come la Commissione nella pratica possa costringere il Paese in questione ad obbedire.

 

Il Paese punito ha la possibilità, se ritiene che la proposta della Commissione non sia oggettiva e che sia discriminatoria, di chiedere che la questione venga discussa nel Consiglio Europeo. In questo caso, la procedura viene ritardata di un massimo di tre mesi (il summit si riunisce regolarmente in marzo, giugno, ottobre e dicembre).  Nessuno lo ammette, ma è difficile non vedere, dietro lo schermo della ‘politique de la règle’, l’effetto della guerra in Ucraina, che sta modificando profondamente il quadro politico europeo. Il contraccolpo più visibile è l’approfondirsi delle divisioni della destra nazionalista: da una parte chi è contro Vladimir Putin, dall’altra chi mantiene posizioni favorevoli verso il Cremlino.

I rapporti con Putin avevano già impedito la formazione di un gruppo unico della destra nel Parlamento Europeo, sempre vagheggiato ma mai concretizzatosi: come spiegò a suo tempo Carlo Fidanza di Fratelli d’Italia, che sta nel gruppo Ecr con i polacchi del Pis, in Europa alcune cose si possono fare, altre no. Mentre la Polonia è ferocemente antirussa, l’Ungheria di Viktor Orbàn ha buone relazioni con Mosca e rapporti freddi con Kiev, a causa tra l’altro del trattamento della minoranza magiara nell’Ucraina occidentale.

Con la Polonia la Commissione si è molto ammorbidita dopo il 24 febbraio, mentre con Orbàn, che oltretutto ha confinato i suoi eurodeputati nel Limbo dei Non Iscritti dopo l’uscita dal Ppe, la pazienza sembra ormai giunta al limite. Non solo alla Commissione e in Parlamento: come spiega una fonte diplomatica europea, i governi tendono per naturale istinto di autoconservazione a non azzannarsi reciprocamente, ma il vero problema è che il primo ministro ungherese, anziché venire a patti e trattare, negli anni è andato “peggiorando”. (AdnKronos)

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